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La discussione attorno ad un missile caduto a Donetsk è significativa: non si cercano notizie, a parte alcune eccezioni, per costruire la complessità. La guerra e i morti sono piegati al proprio cortile, alle baruffe contro i nemici politici di casa nostra

Ieri un missile balistico presubilmente ucraino ha colpito la città di Donetsk uccidendo 23 persone (tra cui un bambino) e ferendone altre, tutti civili che stavano in coda davanti allo sportello di una banca o che passavano di lì. È uno dei molti fatti terribili che stanno accadendo in questi giorni a seguito dell’invasione della Russia, in cui 90 bambini sono stati uccisi (tanto per dare un’idea) e in cui centri civili vengono continuamente colpiti dall’esercito di Putin.

La notizia è rilevante perché indicherebbe una controffensiva dell’esercito ucraino ed è stata riportata da diverse fonti. Ci sono ovviamente le fonti della propaganda russa (quello devono fare, sono pagate per quello) ma ci sono giornalisti che sulle responsabilità dell’invasione hanno idee ben chiare. C’è il giornalista di Domani Davide Maria De Luca, c’è il giornalista di Avvenire Nello Scavo: una schiera di giornalisti che hanno rilanciato la notizia riportando le versioni di russi e ucraini (ovviamente opposte).

 

Il dibattito sulla guerra però non cerca notizie per costruire la complessità, no. Il dibattito sulla guerra ha bulimia di notizie che confortino le proprie posizioni. C’è gente talmente piccola che ha bisogno di essere bombardata (e bombardare) di quanto i russi siano cattivi e che non ha lo spazio nel cervello nemmeno per scorgere eventuali mancanze di quegli altri, dimostrando tra l’altro un’abissale ignoranza sulle guerre, dove la prima vittima è la verità.

Nello Scavo per tutto il giorno s’è preso del filoputiniano, lo stesso è accaduto per tutti gli altri. Con me è venuto persino facile visto che l’assonanza sinistra-filoPutin è la nuova formula algebrica dei polarizzatori per professione. Il motivo è semplice: della guerra e dei morti alla maggior parte dei commentatori non gliene frega un bel niente. La guerra e i morti sono piegati al proprio cortile, alle baruffe contro i nemici politici di casa nostra, in un provincialismo che fa schifo. Usare milioni di profughi e migliaia di morti per dimostrare che i presunti “avversari politici” locali stanno sbagliando è una nefandezza schifosa e meschina.

Ieri in collegamento con La7 Francesca Mannocchi, bravissima inviata di guerra amata fino a un secondo prima dai guerriglieri da divano si è permessa di dire che sulla base di quanto ha potuto vedere nei giorni scorsi a Irpin (Ucraina) – dove è stato ucciso il giornalista americano – non è possibile attribuire la morte di Brent Renaud a una parte o all’altra. Funziona così: non è sempre chiaro e non è sempre propaganda.

Ma qui non interessa il giornalismo: l’importante è cogliere indizi per poterti mettere in un cassetto o nell’altro. Siamo a questi livelli di dibattito.

Sorgente: Il dibattito sulla guerra fa schifo

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