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Dopo le analisi è stato riscontrato che il dipinto è del ‘500, proviene dalla collezione Torlonia, e con una radiografia ai raggi infrarossi è stato scoperto che alcune correzioni sono identiche alla Gioconda del Louvre

di Carlo Alberto Bucci

Anche Roma, come Parigi, ha una Gioconda. Simile, se non identica, a quella di Leonardo al Louvre. E si trova in deposito a Montecitorio, concessa nel 1925 dalla Galleria nazionale d’arte antica di palazzo Barberini.

“Si tratta di una copia del quadro del Louvre realizzata dalla bottega di Leonardo, forse addirittura con la sua stessa collaborazione”, ha detto il questore della Camera Francesco D’Uva che si è privato della tela (ma il dipinto era su tavola e nel ‘700 è stato staccato dal suo supporto originario) per esporlo nella sala Aldo Moro di Montecitorio.

La copia della Monna Lisa appare sul sito parlamentare “ArteCamera”, accompagnata da una breve scheda redatta dagli studiosi della quadreria statale di appartenenza che si sono guardati dal parlare di “bottega di Leonardo” o di “mano del maestro”, definendola “una copia che aspira a replicare diligentemente il suo modello”, la Gioconda del Louvre.

 

 

Del resto, quale museo si priverebbe per quasi un secolo di un dipinto raffigurante il quadro più celebre al mondo e con la possibilità che vi sia anche solo una pennellata del genio di Vinci accanto a quelle dei suoi diretti collaboratori?

Il fatto è che a far sognare il questore della Camera sono intervenuti Antonio e Maria Forcellino che, nel catalogo della mostra romana del 2019 su “Leonardo a Roma, influenza ed eredità”, hanno speso ben nove pagine a raccontare storia e qualità della “Gioconda Torlonia”.

La Monna Lisa che si trova alla Camera apparteneva infatti alla nobile famiglia romana, come attesta un’edizione del 1852 delle Vite del Vasari; e quarant’anni dopo entrò nel patrimonio dello Stato.

I Forcellino sostengono, con prove frutto dell’ottima conoscenza che hanno del mestiere della pittura, che per la “Gioconda Torlonia” gli allievi del maestro impiegarono colori della sua tavolozza; che il dipinto presenta pentimenti incongrui con una copia; che le velature negli incarnati e nel paesaggio sono di una “trasparenza che echeggia in maniera puntuale la tecnica esecutiva di Leonardo operata nel dipinto del Louvre”.

Fino a scrivere che “la tecnica pittorica … è così raffinata da lasciare presupporre che lo stesso Leonardo abbia messo mano alla definizione chiaroscurale del volto dato che non si conoscono altri pittori ai quali possa essere riferito un tratto così leggero nella resa dello sfumato”.

 

 

Quindi, a Roma avremmo un esempio originale del più bello sfumato del mondo, quello di Leonardo realizzato prima della partenza per la Francia nel 1517?

Eppure Rossella Vodret, ex soprintendente di Roma, schedando il dipinto nel 2005, l’aveva definito “di qualità non molto alta”. E Alessandro Cosma, nella scheda apparsa nello stesso catalogo del 2019 con il testo entusiasta dei due Forcellino, scrive che la copia, una delle molte esistenti, “riprende in maniera precisa molti dettagli” del ritratto del Louvre “sebbene semplificati e irrigiditi”, pur confermando una datazione alla prima metà del XVI secolo (Leonardo muore nel 1519).

Claudio Strinati, interpellato sulla “Gioconda Torlonia”, ha molto rispetto per le opposte ipotesi sul caso. “È legittima l’opinione di Forcellino” dichiara l’ex soprintendente. “Di bottega di Leonardo? È plausibile” dice. Ma c’è la pennellata del genio nei 70 x 50,5 cm del quadro alla Camera? “A parer mio – chiosa il grande studioso – è un dipinto di media qualità che non sembra denotare l’impronta di una mano eccelsa qual era quella di Leonardo”.

Sorgente: Roma scopre di avere La Gioconda, era nascosta in un deposito a Montecitorio: “Potrebbe essere di Leonardo” – la Repubblica

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