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Roma, 13 gennaio 2022, Nena News – La situazione è allarmante, lo dicono i numeri. La violenza contro i rifugiati siriani in Turchia sta crescendo, sempre più numerosi i casi di omicidio nel paese. L’ultimo è quello di Nail al-Naif, 19 anni: lunedì scorso stava dormendo nella sua stanza a Istanbul, quando alle 2 di notte un gruppo di uomini è entrato e lo ha accoltellato al petto.

La polizia turca, riporta al-Jazeera, ha fermato otto sospetti, di cui cinque turchi e tre afghani. Secondo gli amici di Nail, erano entrati nell’edificio fingendosi poliziotti. Il giorno dopo, martedì, un 18enne siriano è stato accoltellato per strada a Diyarbakir. Il 9 gennaio un gruppo di turchi ha assaltato un supermercato molto frequentato da siriani, di nuovo a Istanbul: pare che la folla – al grido di “Questa è Turchia, non Siria” – si sia mossa dopo che un siriano aveva rifiutato di dare una sigaretta a un uomo turco. Sette le persone fermate.

Un trend allarmante che dura ormai da mesi. Il caso più terribile è accaduto a novembre quando tre lavoratori siriani sono stati uccisi da un incendio appiccato nell’appartamento dove vivevano a Izmir. Sono morti tutti e tre: Mamoun al-Nabhan, 23 anni, Ahmed al-Ali, 21, e Mohammed al-Bish, 17. A fine dicembre la polizia ha aperto un’inchiesta su pressione degli attivisti per i diritti dei rifugiati: inizialmente il caso era stato considerato un incidente domestico. A fine dicembre un uomo, Kemal K., un nazionalista turco, ha confessato.

Violenze, aggressioni, omicidi che seguono di pari passo la propaganda politica, che spesso indica nei rifugiati siriani – oltre tre milioni in Turchia – la causa della grave crisi economica che attanaglia il paese, tra una svalutazione crescente della lira e un’inflazione sempre più incontrollabile. Una crisi figlia delle scelte governative, ma che per i partiti di maggioranza e per le formazioni di destra è più facilmente attribuibile ai rifugiati (per la gestione dei quali l’Unione europea ha girato ad Ankara sei miliardi di euro).

E’ il caso dello Zafer Party, contro il cui leader Umit Ozdag è stato aperto un fascicolo per “incitamento all’odio” e “violazione della privacy”. O del partito Iyi: un suo membro aveva fatto girare sui social video in cui dei siriani avrebbero preso in giro la situazione economica della Turchia. Decine di rifugiati, compreso un giornalista, sono stati arrestati e rischiano la deportazione.

Per le organizzazioni per i diritti umani non sono casi isolati, ma sono parte di una precisa strategia propagandistica volta a spingere la popolazione turca contro i rifugiati, distogliendone l’attenzione dalla crisi economica e dalle sue reali cause. Eppure i rifugiati siriani, come i tanti altri richiedenti asilo (circa un milione), in Turchia vivono un’esistenza ai margini. Divisi tra campi profughi quasi privi di servizi e le periferie povere delle grandi città, conducono una quotidianità fatta di lavori pagati poco e male, di carenza di istruzione per i bambini, di elemosina e costante timore di essere cacciati.

La maggior parte di loro sono giovanissimi, un milione sotto i dieci anni, altri due milioni sotto i 30. La stragrande maggioranza, secondo i dati dell’Unhcr, non ha accesso alla casa, all’educazione, al sostegno finanziario del governo. La metà dei bambini rifugiati non frequenta la scuola e il 70% vive in povertà. Nena News

Sorgente: TURCHIA. Cresce la violenza contro i rifugiati siriani

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