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di Roberto Gressi

Da oggi basterà la maggioranza assoluta per eleggere il capo dello Stato. Le voci di un incontro tra Salvini e Cassese (poi smentito)

Quasi ci siamo con la quarta chiama, basteranno 505 grandi elettori per eleggere il nuovo capo dello Stato. E il confronto tra Matteo Salvini, Enrico Letta e Giuseppe Conte sembra alla fine concentrato su tre nomi: Mario Draghi e Pier Ferdinando Casini, con in più Elisabetta Belloni , la diplomatica ora alla guida del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. È il punto di arrivo, in attesa di sviluppi, di una giornata pirotecnica.

La spallata di Salvini con Maria Elisabetta Alberti Casellati. Letta che rilancia e riceve il no del centrodestra su Mattarella, Draghi, Amato, Casini, Cartabia e Riccardi. Gli avvertimenti di non tirare troppo la corda o salta tutto e si va al voto. Pier Ferdinando Casini ai blocchi di partenza tra i favoriti. Le voci, poi smentite, su Matteo Salvini che bussa alla porta del professor Sabino Cassese.

La Corte costituzionale che è pronta a votare sabato Giuliano Amato presidente, e quindi sbrigatevi se volete mandarlo al Colle. I voti di stima e speranza di un bis per Sergio Mattarella. Salvini e Conte che ripetono il mantra secondo il quale Mario Draghi deve restare a Palazzo Chigi. Le Monde che, candidamente, spiega quello che tutti sanno. E cioè che il premier «gode di un’aura internazionale che nessuno dei suoi concorrenti alla massima carica può vantare». E che sarebbe difficile per lui restare a Palazzo Chigi, con l’Italia che entra in clima pre elettorale, un periodo cioè in cui è difficile fare le riforme. Tanto che il suo nome torna robustamente in campo, anche con un poco criptico Giancarlo Giorgetti che assicura: «Andrà tutto bene». Infine Elisabetta Belloni, nuova entrata nella terna forse finale.

Lo strappo di Meloni

Tramonta la tentazione di votare, con una scelta dell’ultimo minuto, il presidente del Senato. Letta, Conte e Matteo Renzi hanno usato l’artiglieria, per dire che così si manda al macero la maggioranza e si chiude la legislatura. La caccia ai voti tra i 5 Stelle ha funzionato più no che sì. Ma soprattutto Giorgia Meloni ha risposto picche all’ordine di scuderia di Salvini di votare scheda bianca e il suo Guido Crosetto ha preso quasi il doppio dei voti nella disponibilità di Fratelli d’Italia. Un segnale chiaro che la leadership del centrodestra Salvini non ce l’ha in tasca. Il leader della Lega, tra un’ovazione dei suoi e l’altra, dice che ha già fatto nomi importanti e ne farà altri. C’è chi se ne preoccupa e chi spera che nominarsi kingmaker e fallire non porta bene.

I dai e vai su Draghi

Ancora Salvini spiega e rispiega che il Paese ha bisogno che il premier resti al timone del governo. Giuseppe Conte parla con Beppe Grillo e argomenta che quello dei Cinque Stelle è assolutamente un sì a Draghi, cioè un sì al fatto che resti premier e non vada quindi al Colle. E nei corridoi si disserta sulla differenza tra sofisma e paralogismo. Il primo è capzioso e fallace, volutamente ingannevole. Il secondo è lo stesso, solo che l’errore è inconsapevole. Ma arrivano anche retroscena o boatos che danno l’accordo tra tutti per fatto: Draghi al Colle, Belloni a Palazzo Chigi, un rimpasto che va bene a tutti. A lanciare il nome di Draghi, si dice, potrebbe essere lo stesso Salvini, facendo felice una buona metà del suo partito, quello del Nord più Nord, dove i voti si contano e si pesano. Poi in tarda serata la terna, con Belloni tra i nomi per il Colle.

Il giallo Cassese

La rivelazione è del Foglio: Matteo Salvini è andato a casa del professore. Sabino Cassese è un accademico universalmente stimato, mai coinvolto direttamente nei giochi di partito, un segno di apertura. Il leader della Lega smentisce, non sa nemmeno dove abita, e poi era lontano dai Parioli. E anche per il professore l’incontro è «inesistente».

I voti per Casini

Una nutrita avanguardia che tifa per Pier Ferdinando Casini è uscita dall’ombra. Sono cinquantadue le schede con il suo nome scrutinate dopo la terza chiama. Il centrodestra valuta l’opzione, Salvini e Silvio Berlusconi si sono parlati al telefono. Il leader della Lega non lo ha mai promosso finora, ma non lo ha mai nemmeno bombardato. È un candidato che gode di buona popolarità in Parlamento. Un ostacolo però arriva dall’interno dei Cinque Stelle. Almeno una parte, lo considera assolutamente irricevibile e addirittura minaccia di lasciare la maggioranza se gli alleati convergeranno su quella scelta. Luca Zaia, che in giornata si era appartato a lungo a parlare con Di Maio e si era augurato che non si perdesse la risorsa Draghi, cita Ho Chi Min: «Quando una tigre ti entra in casa, apri la finestra e uscirà da sola». Vale anche per i tigrotti, chiosa.

I segnali a Mattarella

Ben centoventicinque grandi elettori hanno votato ieri per il presidente della Repubblica uscente. Indice di un forte gradimento per come ha guidato il Colle durante il suo settennato. Voci di palazzo attribuiscono parte significativa dei consensi ai 5 Stelle, che addirittura proposero l’impeachment quando disse di no a Paolo Savona come ministro dell’Economia. Sergio Mattarella ha detto e ripetuto che non ha nessuna intenzione di tornare al Quirinale per un altro mandato. Lo considera politicamente sbagliato, oltre a non volerlo fare per scelta personale. Resta però il fatto che molti dei grandi elettori insistono lo stesso.

Sorgente: Quirinale, si stringe su Casini, Draghi e Belloni. Stop al presidente di centrodestra- Corriere.it

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