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di Fabrizio Massaro

Allarme per l’aumento della pasta: i costi per produrla sono saliti quasi al 40%, almeno del 38%. È un altro segno, evidentissimo, dell’inflazione che si sta espandendo in tutti i settori e che sta arrivando direttamente nel cosiddetto «carrello della spesa» delle famiglie. A lanciarlo è uno dei più noti produttori di pasta in Italia, Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonimo gruppo pugliese. Un chilo di pasta, che a settembre la grande distribuzione comprava a 1,10 euro, ora ne costa 1,40. E per la fine di gennaio arriverà a 1,52 euro. Appunto, fa +38%.

 

Rincari continui

«I primi 30 centesimi li abbiamo dovuti chiedere dopo l’estate, per far fronte all’aumento vertiginoso del costo della nostra principale materia prima, cioè il grano», ha dichiarato Divella in un’intervista al Sole 24 Ore. «Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla Borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta». Poi sono seguiti gli altri aumenti: il cellophane +25%, il gas +300%, l’elettricità. «Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo. Un aumento, questo, che dovrebbe diventare effettivo con il rinnovo degli ordini alla fine di questo mese».

 

 

Meno grano nel mondo

In particolare il prezzo del grano aumenta perché i raccolti in Canada e negli Stati Uniti — che sono i principali produttori mondiali — hanno subìto un crollo del 50% e quindi i pastai italiani hanno dovuto comprare la quota di grano non coperta dalla produzione nazionale a prezzi più alti, ha spiegato Divella. E questo ha fatto alzare i prezzi anche del grano italiano. Per il presidente della Coldiretti Ettore Prandini «con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e incertezza che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare». Con 3,8 milioni di tonnellate prodotte (-3% rispetto all’anno precedente) l’Italia è il secondo produttore mondiale di grano — evidenzia Coldiretti — ma è «anche il principale importatore perché molte industrie anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale hanno preferito acquistare sul mercato internazionale approfittando delle basse quotazioni dell’ultimo decennio».

 

L’analisi di Coldiretti: costi delle semine raddoppiati

La conferma dell’aumento dei prezzi arriva anche dall’analisi di Coldiretti diffusa mercoledì 12 gennaio. In Italia sono praticamente raddoppiati i costi delle semine per la produzione di grano destinato a pasta e pane, come conseguenza dei rincari di oltre il 50% per il gasolio necessario alle lavorazioni dei terreni. Ma ad aumentare sono pure i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare. Per Coldiretti gli effetti del balzo dei costi energetici colpiscono l’intera filiera, dai campi all’industria fino agli scaffali. Nonostante ciò, il grano duro italiano — sottolinea la Coldiretti — è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero, che pesa per il 40% sulla produzione di pasta. La produzione importata in Italia, soprattutto dal Canada, è ottenuta peraltro con l’uso del diserbante chimico glifosato in «preraccolta», vietato in Italia. Una anomalia che ha spinto il record degli acquisti di pasta con grano 100% italiano reso riconoscibile dall’ obbligo di etichettatura di origine fortemente sostenuto dalla Coldiretti, che spinge per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali per non far scendere i prezzi sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.

 

I timori per l’inverno 2022

L’inchiesta del Sole 24 Ore cita anche un altro pastaio, Riccardo Felicetti, dell’omonimo gruppo famigliare, che conferma gli aumenti e lancia lo sguardo anche più avanti nell’anno: «Gli squilibri sul mercato mondiale non finiranno qui, e nell’inverno del 2022 avremo nuovi problemi, comprese le fiammate speculative». Anche perché c’è da considerare il clima: tra nevicate, gelate, piogge eccessive non si può prevedere come andranno i raccolti l’anno prossimo: «Ci dobbiamo abituare al fatto che un prodotto possa finire e che non ne arrivi più».

 

Il ruolo della Gdo

Il cerino in mano sta passando gradualmente alle Gdo — la grande distribuzione organizzata — che sta accettando gli aumenti dei prezzi, negoziando ogni singolo rincaro per non trasferire tutto il maggior costo al consumatore finale. Ma già i dati Istat evidenziano a novembre un calo congiunturale per le vendite al dettaglio con un -0,4% in valore e -0,6% in volume. In particolare sono in diminuzione le vendite dei beni alimentari con un -0,9% in valore e -1,2% in volume, mentre quelle dei beni non alimentari risultano stazionarie.

Sorgente: Pasta, aumenti del 38% per i produttori. Allarme per i rincari dei prezzi al supermercato- Corriere.it

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