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La bimba uccisa in 48 ore dal virus. Ricoverata a Crotone e poi a Catanzaro. Sabato il viaggio per la capitale. “È arrivata al Bambino Gesù in condizioni disperate”

di Alessia Candito

Una foto della sua bimba sorridente, i capelli lisci tirati indietro con un nastro, la cameretta tutta rosa sullo sfondo. “La mamma ti amerà per sempre angioletto mio” scrive Rossella Londino alla figlia che non c’è più. Ginevra, due anni compiuti a dicembre, se l’è portata via il Covid in poco più di due giorni.

 

 

Quarantotto ore di corsa contro il tempo, di trasferimenti di ospedale in ospedale, di un periplo arrivato fino a Roma, raggiunta grazie a un aereo militare che in piena notte ha portato la bambina dall’ospedale di Catanzaro al “Bambin Gesù”. Quarantotto ore di rabbia e speranza che si è spenta nella notte fra sabato e domenica, quando Ginevra ha smesso di respirare. “Che neanche te lo immagini che indietro non si torna, non si può tornare più” scrive mamma Rossella, rubando le parole a Vasco, mentre a Roma aspetta. Che dall’ospedale le dicano se sul corpo della piccola debba essere eseguita un’autopsia. Che il padre e altri familiari la raggiungano.

Il marito, Giuseppe Sorressa, carabiniere in servizio alla stazione di Petilia Policastro, non può. Come la moglie regolarmente vaccinato ma positivo al Covid, non ha neanche potuto accompagnarla lungo il pellegrinaggio con la piccola di ospedale in ospedale. “È stravolto, distrutto” raccontano gli intimi. Attorno, il comando provinciale di Catanzaro gli ha tessuto un cordone di sicurezza e riserbo. “Ancora non sono riuscito a parlare con nessuno dei due genitori” dice il sindaco Annibale Parise, voce rotta, “frastornato” da quanto accaduto.

Ginevra la conosceva, come la conosceva tutto il paese, un pugno di seimila anime in provincia di Crotone. Era una bambina sana, sorridente, sempre allegra. “Mi sembra un incubo, una cosa impossibile da credere. Poi qui a Mesoraca, dove si contano 50 casi, non mi era stato neanche comunicato che fosse positiva”. Perché tutto è successo molto in fretta.

Venerdì la bambina ha iniziato a stare male. Una banale febbre si pensava in principio, ma ha iniziato a peggiorare in fretta. Subito i genitori hanno chiamato il 118 e i medici non hanno avuto dubbi: trasferimento immediato in ospedale. Che a Mesoraca non c’è. Il più vicino è a Crotone, il San Giovanni di Dio, ci vuole più di mezz’ora in auto. Appena arrivata, la bimba, risultata positiva al Covid, è stata subito ricoverata. Polmonite interstiziale bilaterale, è stata la diagnosi. Poteva essere trattata in area medica e come tale è stata gestita, ma ora dopo ora Ginevra continuava a peggiorare. In serata si è deciso di trasferirla in Rianimazione a Catanzaro – sessantanove chilometri di statale, un’altra ora in ambulanza – dove è arrivata in condizioni gravissime. Polmoni compromessi, serie difficoltà a respirare, saturazione al minimo tollerabile. Subito è stata sottoposta a ventilazione assistita, stabilizzata.

Ma quello di Catanzaro è un reparto per adulti, il settore pediatrico non c’è. Per la precisione, non c’è in nessun ospedale della Calabria. Ci sono le terapie intensive neonatali, ma quelle cullette vanno bene solo per i neonati fino a trenta giorni o poco più. I pazienti dai due mesi in su, finiscono tutti negli stessi letti di Rianimazione. Ma il bambino è un paziente con caratteristiche ed esigenze precise, che ha bisogno di professionalità specifiche. Per questo si è deciso di trasferire Ginevra fuori regione nel minor tempo possibile. “E per l’ennesima volta l’ospedale migliore per un bambino calabrese risulta essere l’aereo” si mastica amaro in ambienti ospedalieri.

Grazie alla prefettura di Catanzaro, un C-130J, un mezzo dell’Aeronautica militare della 46esima brigata aerea di Pisa, ha imbarcato l’ambulanza con a bordo la piccola, assistita da un’équipe medica, per poi decollare verso Roma. Dall’aeroporto di Ciampino, Ginevra è stata poi portata all’ospedale “Bambino Gesù”. Ma quando è arrivata, per lei era troppo tardi. Ha combattuto ancora qualche ora ma “era già intubata e in condizioni disperate, con insufficienza respiratoria e compromissione delle funzioni vitali” fanno sapere dall’ospedale. Ci hanno provato a salvarla, ma la saturazione è definitivamente crollata e la bambina si è spenta.
“Sarai un angelo meraviglioso, nel giardino dei piccoli angeli” la saluta il sindaco della sua Mesoraca, che ha annunciato il lutto cittadino nel giorno del suo funerale. Ma ancora non è chiaro quando Ginevra potrà tornare per l’ultima volta a casa.

Domenico Minasi, presidente dei pediatri calabresi: “È dal 2017 che aspettiamo le rianimazioni per i bambini”

“Non è possibile che nel 2022 una bambina calabrese debba ancora andare a Roma per essere assistita perché in Calabria non ci sono le strutture”. A poche ore dalla morte della piccola Ginevra Soressa, la bimba di due anni morta per complicanze da Covid dopo un disperato trasferimento all’ospedale “Bambino Gesù”, Domenico Minasi, presidente della sezione calabrese della società di Pediatria e primario a Reggio Calabria, è indignato. “Allo stato attuale – sillaba – in Calabria non esiste un’unità operativa complessa di terapia intensiva pediatrica”.
E come si fa quando un bambino deve essere ricoverato in Rianimazione?
“Viene ricoverato con gli adulti, ma non è adeguato perché il paziente pediatrico, cioè dai due mesi ai quattordici anni, ha specificità e esigenze particolari. Oppure viene trasferito fuori regione, in Sicilia, a Napoli o a Roma”.
Le terapie intensive pediatriche non sono mai state previste nel piano sanitario regionale?
“Assolutamente sì. Nel 2017, con proprio decreto, l’allora commissario alla sanità Massimo Scura aveva disposto l’attivazione di quattro posti di terapia intensiva pediatrica. Non se n’è fatto niente”.
E durante la pandemia?
“Nel giugno 2020, un altro decreto commissariale – questa volta del generale Saverio Cotticelli – disponeva la creazione di almeno due posti letto pediatrici nei tre ospedali hub calabresi. Anche in quel caso è finita con un niente di fatto. Risultato, continuiamo ad essere obbligati a trasferire i pazienti pediatrici fuori regione. Ed è un paradosso”.
Per quale motivo?
“Il 65 per cento delle diagnosi dei pazienti pediatrici che poi migrano verso altre strutture sanitarie si fa in Calabria. Segno che non mancano professionalità e competenze, ma c’è totale disattenzione verso il settore e manca un piano strategico per la rete assistenziale dedicata ai bambini”.
Come pediatri avete mai elaborato e presentato una proposta di riforma o ristrutturazione del settore?
“Lavoriamo da tempo e presenteremo a breve un piano operativo di costruzione di una rete pediatrica che va dalla medicina territoriale all’assistenza ospedaliera”.
Di recente il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, è stato nominato commissario della sanità calabrese.Vi siete confrontati?
“Abbiamo sollecitato più volte un incontro. Non abbiamo mai ricevuto risposta”.

 

Sorgente: L’ultimo viaggio di Ginevra dalla Calabria senza terapie intensive – la Repubblica

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