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Se analizzati con attenzione, i dati Istat che parlano di un consistente aumento degli occupati a novembre non sono così positivi come potrebbe sembrare

Se tendete l’orecchio qui in giro sembra che ci sia ripresa dappertutto. È normale: il governo Draghi ha bisogno di essere confermato dai numeri perché soprattutto dei numeri si interessa e se venisse fuori che i migliori non fanno ripartire nemmeno l’economia (mancando completamente nell’empatia di molti altri aspetti del vivere sociale) il fallimento politico sarebbe difficile da giustificare.

A novembre dell’anno scorso uno dei dati che faceva applaudire commossi i sostenitori del governo era la crescita di 64mila occupati rispetto al mese precedente. Ed è certo una buona notizia. A fare le pulci ai dati Istat però ci si è messo Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione di Vittorio, che vale la pena leggere perché la tecnica della “raffredorizzazione” dei problemi e dello sguaiato applauso è sempre dietro l’angolo. Fammoni, sul sito d’informazione della Cgil Collettivanota che «se ampliamo la verifica fra questo trimestre e quello precedente, la crescita degli occupati non solo è complessivamente molto bassa (70 mila unità) ma è determinata esclusivamente dall’aumento degli occupati a termine (89 mila), mentre sia i permanenti che gli indipendenti diminuiscono (rispettivamente di 10 mila e 9 mila). Infine su base annua (novembre 2021-novembre 2020) gli occupati dipendenti crescono di 490 mila unità, di cui il 91,5% a termine, pari a 448 mila».

Sorgente: La ripresa? Leggete bene i numeri | Left

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