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La Germania in maniera diretta, la Francia a seguire e l’Italia più ‘coperta’, nel pieno delle elezioni presidenziali. I Paesi leader Ue a prendere la distanza da certi eccessi anti russi a sponda Nato. L’incontro online di Putin con le aziende italiane.
Ma è Piero Orteca oggi ad essere particolarmente severo nei confronti nel presidente Usa e della sua politica estera, «quasi a far rimpiangere Trump. E ce ne vuole». «La disastratissima politica estera di Biden, adesso, rischia di provocare ‘danni collaterali’ incontrollabili. Non solo ai nemici, potenziali o immaginari, ma anche e soprattutto agli amici».

Danni collaterali incontrollabili

Questo quasi ottuagenario, che doveva riunificare l’America e i suoi sentimenti nazionali più profondi, e che invece ha finito di frantumare pure il suo Partito Democratico, sembra che non sia capace di camminare dritto. E di parlare chiaro. Non si fa capire, da nessuno, nemmeno dai suoi. Figuriamoci dagli alleati. La conduzione della crisi ucraina è stata finora, per usare un eufemismo, quantomeno cervellotica. Sembra che le steppe brumose e fangose del Donbass siano diventate, all’improvviso, la sacra terra promessa dove si giocano i destini del mondo. Ma quello che lascia più sconcertati è che la Casa Bianca pensava (e forse pensa ancora) di tirarsi appresso, in questa crociata surreale, l’eterogenea compagnia di processione di alleati che hanno ben altro a cui pensare. Se Biden spera di recuperare punti nei sondaggi, per riuscire a spuntarla nelle prossime elezioni di Medio termine, francesi, inglesi, tedeschi e via discorrendo, invece, si barcamenano, per non cadere nella fossa ucraina che il Presidente Usa gli sta scavando.

Insipienza pericolosa

Fatte le dovute proporzioni e magari in misura molto più modesta (ma con evidenti analogie), questa crisi ucraina ricorda molto da vicino la strafottenza mostrata dalle diplomazie nella ormai famigerata “crisi di luglio” del 1914. Quando tra l’insipienza e l’inettitudine generale, scoppiò, subito dopo, il carnaio della Prima guerra mondiale. Senza che nessuno, a distanza di oltre un secolo, possa dire veramente perché. Occhio, quindi, perché il bullismo internazionale, anche se sfoderato in nome e per conto di principi fondamentali (tutti da dimostrare) può avere effetti boomerang catastrofici. Bene, se il confronto diplomatico sull’Ucraina dovesse continuare per come è andato avanti finora, probabilmente il fossato che divide Stati Uniti ed Europa continuerebbe ad allargarsi. Perché non è vero che dentro la Nato ci sia tutta questa voglia di morire per Kiev. Anzi. Dietro le quinte, il disappunto per come gli americani stanno conducendo le trattative con la Russia si taglia col coltello.

Salvare la faccia e le ossa

Al di là di quelle che sono le prese di posizione ufficiali, la verità è che tutti cercano una strada per non perdere la faccia e non uscire con le ossa rotte. L’esempio più probante forse è quello della Germania, che da questa guerra freddissima, voluta da Biden, che potrebbe diventare bollente, ha tutto da perdere. Il governo Scholz ha fatto non uno, ma tre passi indietro. Niente sostegno militare, niente armi e, soprattutto, nessun assalto all’arma bianca con le sanzioni contro la Russia. La Frankfurter Allgemeine sembra il bollettino di guerra (economica) sul fronte dell’est. La locomotiva produttiva tedesca arranca e i costi della bolletta energetica stanno tagliando le gambe al sistema-Paese. Imprenditori e consumatori sono inviperiti, perché si è risvegliato dopo un lungo sonno il mostro di Weimar: l’inflazione. Marc Roth, socialdemocratico, presidente della Commissione esteri del Bundestag, dichiara senza mezzi termini che “se l’Occidente dovesse imporre sanzioni alla Russia le forniture di gas sarebbero a rischio”. Con le ovvie conseguenze del caso.

Germania ai confini con la Russia

In sostanza, quello che teme Roth sono delle “contro-sanzioni” che Putin potrebbe decretare immediatamente, mettendo in ginocchio gli apparati produttivi tedeschi. Ancora più grave il grido d’allarme lanciato da Marcus Krebber; presidente di RWE il più grande produttore di elettricità della Germania. Il suo messaggio è semplice: “Abbiamo bisogno del gas naturale russo. E la Russia ha bisogno della nostra valuta pregiata”. Come dire, c’è uno spiccato incontro di interessi che nessuna crisi può fare divergere. Krebber, proprio per questo, rivolge un appello ai politici, che tutti, Scholz in testa, sembrano raccogliere. La crisi ucraina potrebbe avere pesanti ricadute sull’economia tedesca e su quella europea in generale. Basti ricordare che le statistiche dicono che il 40% del gas che arriva nel Vecchio continente è venduto dalla Russia. Gli americani lo sanno e Biden ne ha fatto cenno anche in uno dei suoi recenti discorsi. Ma si ostina ancora a trattare la crisi ucraina in maniera incomprensibile.

Sorgente: La crisi ucraina allarga l’Atlantico. Biden non convince l’Europa. La Germania fa i conti e dice ‘nein’ –

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