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Nella mattanza nordirlandese morirono 14 manifestanti del Civil Rights Movement, ai quali si aggiunsero una ventina di feriti gravi che avevano partecipato alla Marcia. A mezzo secolo di distanza, quelle vittime non hanno mai ricevuto giustizia, tanto che lo slogan usato per la commemorazione sarà proprio “There is no British justice – Non esiste una giustizia britannica”

There is no British justice’, non esiste una giustizia britannica. Nel 50esimo anniversario della Domenica Insanguinata a Derry, in Irlanda del Nord, i leader della campagna Bloody Sunday March hanno scelto una frase iconica che meglio di altre inquadra la realtà. A mezzo secolo, oggi, dall’eccidio di 14 manifestanti del Civil Rights Movement (13 rimasti sull’asfalto e 1 morto qualche giorno dopo in ospedale) ai quali si aggiunsero una ventina di feriti gravi che avevano partecipato alla Marcia, a latitare sembra proprio essere la giustizia britannica.

Nel giugno scorso la procura nordirlandese ha vibrato l’ennesimo schiaffo in faccia ai parenti delle vittime e a quel ricordo sanguinoso, bloccando l’iter processuale per l’unico indiziato: Soldier F, indicato con le lettere dell’alfabeto per non renderlo identificabile assieme ai suoi sodali e dunque a rischio di vendette. Il soldato F, uno dei membri del reggimento Paracadutisti di Sua Maestà che il 30 gennaio 1972 sparò contro la folla inerme, arrivato a così poco dal finire sotto processo come responsabile di 2 omicidi e 4 tentati omicidi. Ironia della sorte, alla sbarra potrebbero finirci altri, ossia chi da 50 anni chiede giustizia: “Pochi giorni fa ho ricevuto una lettera in cui il Procuratore generale di Belfast annuncia l’avvio di un procedimento per aver messo due ‘like’ a un post di John Kelly, fratello di Michael Kelly, ucciso a Derry il 30 gennaio 1972. In quel post Kelly aveva inserito il nome reale di Soldier F, pubblicando la foto, e lui stesso rischia di finire sotto processo per questo”. Ciaran Shiels fa parte dello studio legale Madden & Finucane di Derry e assieme a suo fratello Fearghal segue le vittime della Bloody Sunday da 23 anni, ossia dalla firma degli accordi di pace del Good Friday Agreement. Una disposizione del governo inglese, ormai vecchia di vent’anni, ha imposto di non rivelare le identità dei Parà attivi a Derry quel giorno. Contattato da Ilfattoquotidiano.it, l’avvocato Shiels commenta la decisione della procura nordirlandese: “Lo Stato britannico dovrebbe esaminare la condotta dei suoi agenti e dei suoi soldati fortemente sospettati di un omicidio di massa e non oltraggiare le vittime e i loro cari – spiega il legale di Madden & Finucane – Ormai quel soldato ha più di 70 anni, tutti nel Regno Unito conoscono il suo nome e tanti altri dettagli, se qualcuno avesse voluto tentare una ritorsione lo avrebbe fatto da tempo. Invece di ragionare sulla vergogna di un procedimento giudiziario di nuovo abortito, nonostante evidenze inappellabili sulle sue responsabilità, la giustizia britannica riversa le colpe sui parenti delle vittime. Soldier F, oltre alla Bloody Sunday, è stato al centro di una serie di episodi tragici tra Regno Unito e Irlanda del Nord, come membro dei Paracadutisti e delle Sas, le forze speciali antiterrorismo britanniche. Se ne sta tranquillo nella sua casa, ben protetto. Ormai abbiamo capito tutti che Londra non ha alcuna intenzione di aiutare l’inchiesta e avviare un’effettiva fase di riconciliazione. Saremo costretti a rivolgerci alle istituzioni della giustizia europea, non abbiamo altra scelta”.

John Kelly, ideatore e curatore del Bloody Sunday Museum e tra gli organizzatori della Marcia di oggi e delle iniziative della settimana, non ha voluto commentare il provvedimento giudiziario ricevuto. In sua difesa sono giunte le parole di Colum Eastwood, leader del Sdlp (il partito social democratico e laburista dell’Ulster): “La procura nordirlandese se la prenda politicamente con me e lasci stare i parenti delle vittime di Derry. Quella denuncia ai familiari e agli attivisti è vergognosa e priva di tatto”, ha detto Eastwood.

Col passare degli anni continuano a emergere nuove prove sulla pianificazione di quella strage a Derry/Londonderry (come richiede la versione geografica e geopolitica inglese della città). Nei giorni scorsi è stata tolta la censura sull’esistenza di un piano concepito da alcuni alti ufficiali dell’esercito britannico in Irlanda del Nord. Il gruppo di cospiratori, collegato all’MI5 (il Servizio segreto militare del Regno Unito), avrebbe pianificato l’azione del 30 gennaio 1972 all’interno di una caserma dismessa di Hollywood – sobborgo portuale di Belfast – La notizia del ritrovamento di un Table sand, un modello in scala, fedele ricostruzione dell’area di Bogside, non è stata smentita dalle autorità britanniche.

Oggi è il giorno della grande Marcia per i diritti civili riprodotta ogni anno con le stesse modalità. Il ritrovo, nel primo pomeriggio, nel quartiere nazionalista di Creggan, a monte di Derry, e poi la discesa fino al Bogside, l’area dell’eccidio di quel pomeriggio del 30 gennaio 1972. In mattinata i parenti delle vittime hanno organizzato una sorta di pellegrinaggio sui luoghi dove i loro cari sono stati uccisi, una mappa della mattanza e di condivisione del dolore. Nei giorni scorsi si sono susseguite le iniziative di un calendario ricchissimo, tra cui particolarmente toccante la mostra ‘In their footsteps – sulle loro orme’: decine di paia di scarpe indossate dalle vittime della Bloody Sunday e di altri eccidi avvenuti durante il trentennio dei Troubles in Irlanda del Nord.

Sorgente: Irlanda del Nord, a 50 anni dalla Bloody Sunday la beffa per un parente delle vittime: “Indagato per aver rivelato il nome di un militare sospettato della strage” – Il Fatto Quotidiano

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