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A 40 giorni dalla chiusura, 270 i posti a rischio. Nulla di fatto nel vertice con l’azienda, che parla di un possibile compratore

Mario Di Vito

È finito con duecento operai che hanno occupato la superstrada il primo incontro tra i vertici della Caterpillar e i sindacati sulla chiusura dello stabilimento di Jesi. Appreso l’esito assolutamente interlocutorio del meeting virtuale, i lavoratori, in sciopero dalle 9 del mattino, si sono piazzati per alcune ore su una delle due carreggiate della Statale 76 che collega le Marche con l’Umbria, hanno intonato cori – «Senza tregua nella lotta, il lavoro non si tocca» -, sventolato bandiere, acceso fumogeni e costretto gli automobilisti a fermarsi e a cambiare direzione di marcia.

È IL TEMPO il fattore fondamentale di quella che appare come una trattativa complicatissima, caratterizzata sin qui dall’evanescenza dei vertici aziendali, che dopo aver annunciato la chiusura della fabbrica marchigiana e il licenziamento collettivo di 270 persone, non hanno mai offerto il benché minimo spiraglio a un cambio di decisione, limitandosi a ribadire le proprie intenzioni ai tavoli timidamente organizzati nelle scorse settimane dalla Regione.

IERI, da un lato all’altro della webcam, la discussione ha girato intorno a due questioni fondamentali: la pretesa di Cgil, Cisl e Uil di non discutere di eventuali incentivi e ammortizzatori sociali e l’affannosa ricerca di un compratore dello stabilimento. Sul primo punto, sostiene Mirco Rota della Fiom, «non possiamo essere disponibili a fare nessun’altra discussione se non quella per far acquistare la fabbrica». La spiegazione è semplice: parlare di altro a quaranta giorni dalla chiusura vorrebbe dire dare già per spacciata ogni ipotesi di futuro. L’azienda ha così comunicato di aver incaricato un advisor internazionale, la britannica Ernst & Young, di cercare un compratore, con il mandato che però scadrà il 23 febbraio. Per la prossima settimana è già prevista la visita a Jesi di un non meglio specificato imprenditore del nord Italia forse interessato a comprare: a questo proposito i sindacati hanno chiesto a Caterpillar un nuovo incontro per il giorno successivo in modo da capire subito quanto sia seria questa ipotesi. L’obiettivo, infatti, è di cedere in blocco l’intero sito con tutte le sue attività, evitando uno spezzatino che vorrebbe comunque dire tagli e licenziamenti.

È ANCHE QUESTA, però, una questione di tempo: Cgil, Cisl e Uil hanno domandato un allungamento dei termini dell’incarico a Ernst & Young, con la dirigenza che ha promesso di rispondere sul punto a strettissimo giro di posta. Le posizioni appaiono distanti, ma l’importanza di aver portato Caterpillar almeno a discutere è un indubbio passo avanti dopo settimane di immobilismo: laddove la Regione si è dimostrata incapace di aprire la trattativa, ci sono riusciti invece i sindacati. Che rilanciano ancora: il 19 gennaio, a Roma, i lavoratori si riuniranno in presidio sotto al Mise per chiedere l’apertura di un tavolo, mentre è stata fissata al 9 febbraio la prima udienza del ricorso presentato dalla Fiom contro l’azienda per comportamento antisindacale.

SUL FRONTE della lotta, infine, da segnalare il comunicato congiunto delle Rsu di Gkn e Caterpillar (insieme a Telefono Rosso e Giuristi Democratici) molto critico verso il Dl Delocalizzazioni. «Il governo di questo paese non ha nessuna intenzione seria di dotarsi di strumenti per una reale politica industriale – si legge nel documento –, ancora una volta siamo di fronte a un disegno di legge che si muove tra incentivi alle aziende non realmente monitoratati e proceduralizzazione delle delocalizzazioni». Il punto, in tutta evidenza, è realizzare una legge che in ogni caso riesca a garantire continuità produttiva.

Sorgente: Fumata nera per la Caterpillar, gli operai bloccano la Statale | il manifesto

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