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Il caso. La prospettiva di una smobilitazione produttiva giustificata con la transizione all’auto elettrica. I sindacati hanno chiesto un tavolo al ministero dello sviluppo. Ma in Italia c’è qualcuno capace di gestire politicamente questa fase?

Roberto Ciccarelli

Settecento esuberi su 1700 operai. E nei prossimi anni ne potrebbero arrivare altri 500. Sono questi i primi costi umani della transizione all’auto elettrica, la prima in Italia. Sta accadendo a Bari dove ieri è iniziato ufficialmente un dramma sociale per gli operai della Bosch. La notizia è arrivata dopo un incontro tra l’azienda, i sindacati e la regione Puglia. La Bosch, nella grande zona industriale del capoluogo, è l’insediamento più grande dopo l’ex Ilva di Taranto. La fabbrica è specializzata nella produzione legata ai motori benzina e diesel. In questo grande comprensorio oggi lavorano 1700 persone. La prospettiva è quello di una sostanziale smobilitazione della produzione giustificata in base alla progettata transizione dal motore diesel a quello elettrico.

Un piano di riconversione «sangue e lacrime». Così è stato definito dai sindacati. «Chiediamo un piano di salvaguardia industriale e occupazionale per lo stabilimento di Bari, altrimenti si aprirà il conflitto», hanno annunciato Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil e Ciro D’Alessio, segretario Fiom-Cgil Bari. Secondo il segretario nazionale Fim Cisl Ferdinando Uliano e il segretario generale Fim Cisl Bari Donato Pascazio ci potrebbero persino essere «ulteriori eccedenze di circa 500 unità entro il 2035». «La situazione è perfino più grave poiché è a rischio la sopravvivenza stessa della fabbrica», aggiungono Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, e Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari, i quali chiedono a Bosch di «portare a Bari lavorazioni che oggi sono affidate all’esterno» e «assegnare una missione produttiva adeguata nell’ambito della green economy». Preoccupato anche il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana: «È scoppiata oggi a Bari la prima crisi aziendale in Italia causata dal passaggio all’auto elettrica. La transizione ha avuto un’accelerazione troppo repentina, che sta schiacciando tutta l’industria automobilistica. La difficile prospettiva rappresentata da Bosch a Bari è conseguenza di questa veloce trasformazione del mercato e di politiche europee drastiche, che penalizzano l’Italia più di altri Paesi, perché l’Italia è la seconda realtà manifatturiera d’Europa».

La regione Puglia ha chiesto l’intervento del governo e del ministro per lo sviluppo economico Giorgetti (Lega): «Chiederemo la convocazione urgente di un tavolo nazionale. Ô necessario e urgente – ha detto il dirigente della task force lavoro della regione Leo Caroli – Chiederemo di aprire un confronto in sede ministeriale per Bosch. Serve un ruolo del governo a sostegno della riconversione». «La situazione è «monitorata in maniera costante dal Mise» hanno risposto ieri da Roma. «La struttura per le crisi d’impresa del ministero è stata già allertata e convocherà il tavolo in tempi brevi». Giorgetti ha visitato lo scorso 8 ottobre la Bosch a Bari. Dal ministero evidenziano che il fatto è una «conseguenza della transizione verso il green». Più volte il Mise ha infatti puntato «l’attenzione sulla necessità che la fase della transizione sia compatibile non solo con le esigenze ambientali ma anche con quelle sociali ed economiche. Senza questo equilibrio il conto da pagare può diventare insostenibile». A Bari è stato presentato il primo conto. Ora si tratta di capire quale governo sarà in grado di aprire altre prospettive. Sempre che ci sia qualcuno in grado di farlo, in Italia.

Sorgente: Dramma operaio alla Bosch di Bari: 700 esuberi | il manifesto

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