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Crisi ucraina. Terzo carico di armi americane a Kiev. Il portavoce del Cremlino Peskov: «Con le sanzioni personali a Putin chiusi i rapporti con l’Occidente». Il Dipartimento di Stato Usa: l’«invasione russa» non più a gennaio ma «a metà febbraio». Lavrov: «Stoltenberg inascoltabile»

Le risposte alle richieste russe le ha consegnate in serata l’ambasciatore americano a Mosca con una breve visita al ministero degli Esteri. «Il nostro documento è positivo», ha detto pochi minuti più tardi il segretario di stato, Antony Blinken, «ed è il frutto di un lavoro coordinato con i nostri alleati e con l’Ucraina, che deve essere libera di scegliere» da che parte stare.

Blinken ha anche fatto sapere che discuterà il dossier con il collega russo, Sergey Lavrov, i cui diplomatici considerano, tuttavia, «poco serio» il materiale ricevuto. E anche da fonti europee emergerebbe un giudizio severe: «Le domande degli Usa sono inaccettabili per Mosca».

A questo accordo sono legate la sorti della crisi in Ucraina, nonché le prospettive di una nuova architettura militare in Europa. Il testo, così come lo hanno proposto i russi, è composto da otto articoli e prevede fra l’altro lo stop all’espansione della Nato. I segnali di una possibile intesa ancora mancano.

ALL’AEROPORTO BORYSPIL di Kiev è arrivato l’altra notte il terzo carico di armi americane che il Congresso ha finanziato a dicembre con duecento milioni di dollari. Trecento sistemi anticarro “Javelin”, missili antibunker “Swam-D” e altre ottanta tonnellate di aiuti militari. «Aspettiamo la quarta fornitura a breve», ha detto il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, che ha smentito lunedì l’ipotesi di una invasione russa su vasta scala, ma porta avanti per conto del presidente, Volodymyr Zelensky, una lunga trattativa con i governi della Nato per ottenere armamenti.

La Germania ha respinto le richieste e il rifiuto ha visto crescere tensioni già elevate a causa del gasdotto Nord Stream 2, sul cui futuro restano dubbi importanti. Gran Bretagna, Olanda, Estonia, Lettonia e Lituania hanno dato il loro via libera all’operazione.

L’invio di armi in Ucraina è uno degli elementi con i quali il capo della Casa Bianca, Joe Biden, cerca di spingere Vladimir Putin a chiudere la crisi. Altri due elementi sono gli 8.500 uomini che l’Alleanza atlantica vuole schierare lungo il Baltico e le sanzioni personali contro Putin. Misure che, secondo il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, «non avrebbero alcun effetto sul piano economico, ma sarebbero distruttive su quello politico».

Alle parole di Peskov sono seguite quelle poco diplomatiche che Lavrov ha rivolto al segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a pochi giorni da un possibile round negoziale: «Ha perso il contatto con la realtà, non bado a quel che dice».

PER LAVROV LA NATO «è in preda alla frenesia militarista». Il politilogo francese Gilles Kepel ha marcato sul quotidiano El Mundo i limiti di un’organizzazione che «non ha effettuato un ripensamento dopo la caduta del Muro di Berlino». Biden sembra sempre più deciso a provocare una risposta definitiva di Putin: invasione, con tutte le conseguenze del caso, o ripiego delle truppe. Secondo nuove stime del Dipartimento di stato i russi «useranno la forza entro metà febbraio». In quelle precedenti si parlava di gennaio.

Così a Mosca aumentano gli interrogativi sulle prossime mosse di Putin. A questo incrocio di variabili il presidente russo è arrivato sulle sue gambe. Lasciare intendere di essere disposti a un intervento militare è stato, per i russi, un azzardo. Portare nel dossier le truppe americano nell’area del Mar Nero ha, probabilmente, segnato il senso negativo l’esito dei colloqui. «Ora qual è il piano? Qual è la strategia? Con quali opzioni Putin intende affrontare i diversi scenari?», ha chiesto ieri l’esperto di politica estera Dmitri Trenin dalle colonne quotidiano Kommersant.

Per Trenin, le condizioni che Putin ha posto nei colloqui non possono essere accolte dalla Casa Bianca. «Non ci saranno mai trattati vincolanti sull’espansione del’Alleanza atlantica, non ci saranno mai garanzie scritte su Ucraina e Georgia. Per questo è opportuno domandarsi che cosa farà il Cremlino quando le richieste avanzate dai nostri funzionari saranno respinte dai paesi occidentali».

A QUEL PUNTO, dice sempre Trenin, Putin potrebbe scegliere fra due diverse possibilità. Possibilità numero uno: riconoscere che la trattativa non ha avuto successo, ma è comunque servita ad aprire un dibattito concreto sul futuro della sicurezza in Europa.

Possibilità numero due: abbandonare definitivamente il processo di integrazione globale intrapreso nell’epoca di Gorbaciov, per passare in maniera definitiva a un «progetto russo» che forse è già in costruzione, che prevede differenze sostanziali sul piano politico, economico e ideologico rispetto all’occidente, e che condurrebbe a rapporti più stretti con Cina, Iran, Venezuela, Nicaragua e Cuba.

 

Sorgente: Consegnate le proposte Usa. Mosca: un testo poco serio | il manifesto

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