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L’ex premier non intende fare il «candidato di bandiera». Tajani: «Presto per parlare del Colle. Le primarie sui Comuni proposte da Salvini? Non mi pare che usandole la sinistra abbia avuto risultati eccezionali»

di Paola Di Caro

Quello che Silvio Berlusconi ripete a tutti è che il «candidato di bandiera» non lo farà mai , e che chiederà che i voti per il prossimo capo dello Stato convergano su di lui solo se avrà la ragionevole speranza di poter essere eletto. Anche per questo, Antonio Tajani taglia corto: «Di Quirinale si parlerà a inizio dell’anno prossimo, ora c’è da affrontare la quarta ondata Covid e varare la legge di Bilancio», dice il coordinatore azzurro ben sapendo che il totonomi a due mesi dal voto serve solo a bruciarli. E che dunque è meglio concentrarsi sui prossimi appuntamenti, compreso il tavolo dei leader per blindare la manovra proposto da Enrico Letta.

E però non è un mistero che tutto è in movimento nel mondo berlusconiano: «Gli hanno fatto credere che può essere eletto, a partire da Salvini. E anche chi di noi non lo vede facile, evita di dirglielo per non farlo arrabbiare…», sussurrano azzurri a lui vicini, mentre altri si affannano a compiacerlo. Così, raccontano, si muove in autonomia Marcello Dell’Utri, come attivissimo è Gianfranco Micchiché, che giura di aver avuto da Renzi (che smentisce) l’assicurazione che i voti di Iv ci saranno. In ogni caso sono decine i voti sparsi ai quali Berlusconi guarda, sicuro com’è che Salvini e Meloni non lo tradiranno: «Me l’hanno giurato — ripete — se mi candido mi sosterranno».

Anche per questo, il Cavaliere non vuole mostrare irritazione per l’incontro tra Salvini e Meloni, dal quale è stato escluso. Meloni dice che è andata «molto bene» e che «sicuramente ci vedremo anche con Berlusconi», ma a oggi nessun vertice è fissato. Ma il Cavaliere con i suoi si mostra tranquillo: la Meloni, ragiona, avrà voluto riprendersi spazio «visto che all’opposizione rischia l’isolamento». Però la realtà mostra un centrodestra che ha parecchi punti di divisione. Alcuni molto concreti, come le nomine Rai («I nostri Sangiuliano, Preziosi e Casarin non si toccano», avvertono da FI sapendo che FdI mira ad una direzione propria), altri futuribili, come le primarie per le comunali, proposte da Salvini: «Non mi pare che con le primarie la sinistra abbia avuto risultati eccezionali…», commenta Tajani.

Ma la differenza di vedute è evidente soprattutto sul passaggio del Quirinale e del possibile voto anticipato. Berlusconi vuole che Draghi — «rivale» per il Colle — resti a Palazzo Chigi. E immagina per lui un futuro politico ancora a Palazzo Chigi se servirà, o magari al Fondo monetario o alla presidenza dell’Unione europea. Viceversa, Meloni e Salvini non escludono affatto le urne anticipate, e tantomeno l’elezione di Draghi. A due mesi dal voto per il Quirinale dunque gli scenari sono tutti aperti, e non conviene e a nessuno spaccare il rispettivo fronte. Anche perché le grandi manovre ancora non sono partite, Berlusconi non ha avuto contatti diretti con leader che non siano del centrodestra e anche i suoi ambasciatori accreditati — Gianni Letta, Fedele Confalonieri — si muovono con molta circospezione. Sapendo che Berlusconi può esser il protagonista ma anche il regista della partita. E non è poco.

Sorgente: Voto e nomine, centrodestra diviso. I paletti di Berlusconi sul Quirinale- Corriere.it

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