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Il voto per l’elezione di un presidente fissato per il 24 dicembre si preannuncia sempre più problematico e minaccia di segnare il ritorno alle violenze e agli scontri.
La cancellazione della candidatura del figlio di Gheddafi e la condanna a morte del candidato Haftar sono i segnali più evidenti del fallimento degli sforzi dell’Onu che puntava sulle urne per riportare alla normalità il paese. Una sconfitta confermata anche dalle impreviste dimissioni dell’inviato del Palazzo di Vetro Jan Kubis.
Mano alle urne o ai kalashnikov? Difficile dirlo, ma una cosa è certa, le elezioni presidenziali libiche previste per il 24 dicembre, se mai si voterà, minacciano di riportare il paese al consueto disordine anziché alla desiderata stabilità.
Ad innescare il caos ci ha pensato Saif Al Islam, 49enne figlio di Gheddafi, ricomparso in pubblico il 19 novembre scorso quando s’è presentato negli uffici della commissione elettorale di Sabha, nel sud del paese, per registrare la sua candidatura alle presidenziali. La riapparizione, annunciata da un’intervista al New York Times, ha immediatamente riacceso gli odi e le rivalità apparentemente sopiti dopo il cessate il fuoco tra le forze di Haftar e quelle Tripoli dell’ottobre 2020 e la nomina, grazie alla mediazione dell’Onu, del premier Abdul Hamid Dbeiba. Ma il ritorno sulla scena di un Saif Al Islam, già designato come suo erede politico dal Colonnello, ha avuto l’effetto di una bomba ad orologeria.
L'accoglienza a Mario Draghi in Libia - Sputnik Italia, 1920, 27.11.2021

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Nel giro di pochi giorni l’Alta Commissione elettorale libica (Hnec) di Tripoli, ha decretato la cancellazione della candidatura del figlio del “rais” ritenuta inconciliabile con la condanna a morte emessa durante il processo farsa organizzato nel 2015 mentre la capitale era sotto il controllo delle milizie jihadiste. Da quel momento un susseguirsi di mosse e contromosse degna di una partita di domino ha propiziato il ritorno al caos.
Per molti dietro la mossa della Commissione elettorale di Tripoli ci sarebbero la Turchia, e le forze islamiste sue alleate, decise a metter fuori gioco un candidato su cui puntano non soltanto i nostalgici del passato regime, ma tanti libici delusi e disgustati dalla “rivoluzione” del 2011. La decisione ha anche fatto divampare le contraddizioni che serpeggiavano nelle regioni orientali e meridionali feudi incontrastati, un tempo, del generale Haftar.

Sorgente: Libia, ritorno al caos – 29.11.2021, Sputnik Italia

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