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di Diana Cavalcoli

Lavoratori italiani poveri e con stipendi bassi nel confronto con i salari Ue. A fotografare la situazione complessa del nostro Paese è il rapporto della Fondazione Di Vittorio-Cgil su «Salari e occupazione». Secondo l’analisi in Italia ci sono circa 3 milioni di precari e 2,7 milioni di part-time involontari (lavorano a tempo parziale ma non per scelta) che si aggiungono a 2,3 milioni di disoccupati ufficiali. In più nel 2019, quindi pre pandemia, circa 5 milioni di persone avevano un salario effettivo non superiore ai 10 mila euro lordi annui.

 

Il confronto con gli altri Paesi Ue

Il confronto con l’Europa è particolarmente preoccupante. Nel 2019 il salario medio italiano era inferiore di circa 9 mila euro rispetto a quello francese e di oltre 12 mila euro in meno in comparazione a quello tedesco, il 40% in meno. In Italia un lavoratore dipendente lavora 1.583 ore all’anno, 249 ore in più rispetto a un collega tedesco. Con un dettaglio, l’italiano guadagna in media 30 mila euro contro i 42 mila di un lavoratore in Germania. Il salario dei part-time italiani, in larga parte donne, è poi più basso del 10% rispetto alla remunerazione part-time media dell’eurozona. La percentuale di part-time involontario in Italia è la più alta a livello europeo: nel 2020 arriva a segnare il 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale, contro il 24,7% dell’Eurozona.

 

 

I motivi

Ma quali sono le ragioni dei salari bassi? Oltre al part-time involontario e al precariato secondo il presidente della Fondazione, Fulvio Fammoni, uno dei problemi principali è l’addensamento nelle basse qualifiche professionali: «Nei due raggruppamenti più bassi della distribuzione dell’occupazione dipendente per gruppi professionali l’Italia ha il 34% degli occupati contro il 27,8% dell’eurozona. Nei due più alti, il rapporto si ribalta e quindi l’Italia ha il 15,5% di occupati contro quasi il 25% dell’Eurozona. Ovviamente questo incide sui salari, ma è anche uno specchio della qualità del nostro sistema produttivo ed educativo».

 

Pandemia e ammortizzatori ‘cuscinetto’

Nel 2020, con l’esplodere della pandemia, il salario medio di un dipendente a tempo pieno in Italia è diminuito del 5,8% rispetto al 2019, con una perdita in termini assoluti di 1.724 euro nell’anno. Il calo più ampio nell’Ue (-1,2% in media) e nell’Eurozona (-1,6%). Il ricorso alla cassintegrazione e ai Fondi di solidarietà ha tuttavia più che dimezzato la riduzione del salario medio annuale che così ‘integrato’ si è fermata a 726 euro in meno (-2,4%). La Fondazione Di Vittorio della Cgil sottolinea quindi la funzione positiva degli ammortizzatori. Un fatto sottolineato anche dall’Istat a luglio in un report che attestava il calo delle disuguaglianze: «Le misure straordinarie implementate nel 2020, dal reddito di emergenza ai vari bonus, più quelle esistenti come Cig e Reddito di cittadinanza hanno sostenuto i redditi delle famiglie riducendo la disuguaglianza e portando il rischio di povertà dal 19,1 al 16,2%».

 

La disoccupazione sostanziale

Il rapporto indica anche il tasso di disoccupazione “sostanziale”. Che nel 2020 risulta pari al 14,5% rispetto al 9,2% dell’Istat. Il che significa quasi 4 milioni di disoccupati sostanziali, un numero che ai 2,3 milioni di disoccupati ‘standard ‘ aggiunge coloro che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano perché sono scoraggiati. I cosiddetti inattivi delle statistiche ufficiali. «Risulta evidente che il tema del lavoro riguarda la quantità di occupazione ma anche tanti aspetti della sua qualità», aggiunge Fammoni, richiamando l’attenzione sulle modalità di utilizzo del Pnrr e dalle scelte della legge di Bilancio. «Se davvero si punta ad uno sviluppo duraturo – ha affermato – il problema non può essere semplicemente l’utilizzo totale e tempestivo delle risorse a disposizione, ma come questa situazione straordinariamente favorevole per le quantità di risorse, risolve o meno questi problemi strutturali».

Sorgente: Lavoro, salario italiano di 30 mila euro contro i 42 mila della Germania (dove lavorano 249 ore in meno)- Corriere.it

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