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Ascanio Celestini

Un giorno di novembre di 20 anni fa, alla libreria del Manifesto incontro Mario Fiorentini, professore di geometria superiore all’università di Ferrara e protagonista della lotta partigiana e della guerra di liberazione in Italia. Ho appena presentato Radio Clandestina, il mio racconto sull’eccidio nazista alle Fosse Ardeatine. Mario mi dice che la storia della lotta partigiana a Roma si potrebbe raccontare attraverso i mestieri. Lo sai –mi dice- che molti partigiani erano falegnami? E così inizio a pensare ad un possibile racconto per un programma di RADIO 3 RAI che magari si chiamerà “san Giuseppe partigiano”! Lo incontro a metà febbraio davanti al cinema Barberini di Roma e mi racconta di quando, nel ’43, era sceso in bicicletta verso il cinema per tirare una bomba ai nazisti che avevano appena visto lo spettacolo ed era caduto dalla bicicletta con la bomba che rotolava in mezzo alla strada.
Gli chiedo se posso registrare il racconto, ma lui mi dice di aspettare.
Allora mi accompagna vicino via Rasella e mi descrive l’azione del 23 marzo contro i nazisti.
Gli chiedo se posso registrare il racconto, ma lui mi dice di aspettare.
A via Zucchelli mi racconta dell’8 settembre, poi dell’arrivo dei tedeschi a Roma. Mi dice che sfilarono in silenzio senza abbassare gli occhi sui romani che li guardavano atterriti. Mi racconta di Lucia Ottobrini, sua moglie e protagonista della lotta partigiana.
Lui racconta e io non posso ancora registrare nulla.
In un bar a via due Macelli mi parla ancora per quasi tre ore: lo sbarco di Anzio, Carla Capponi, Edgardo Sogno… e alla fine, con musichette e tazzine che sbattono nel lavandino del bar in sottofondo… posso registrare 10 minuti del suo racconto. Sono i mesi di gennaio e febbraio del ’44 quando Roma si prepara all’insurrezione contro i nazisti. Intellettuali e gente del popolo combattono insieme. È la guerra di liberazione nei quartieri e nelle borgate: Quadraro, Quarticciolo, Centocelle…
Delle tante storie che mi ha raccontato quel giorno mi ha colpito proprio la sua scoperta del popolo, delle classi subalterne, degli ultimi. Non i penultimi o i terzultimi. Non la classe media che si impoverisce o l’impiegato che fatica a arrivare alla fine del mese. Quei partigiani si trovarono davanti agli ultimi. E solidarizzarono, combatterono insieme.
“Loro sapevano che noi eravamo dei gappisti – mi dice – che combattevamo i tedeschi. Perciò eravamo un modello, eravamo un messaggio. E si mettevano subito a nostra disposizione. Noi dicevamo fate questo, fate quello, andate a vedere i tedeschi passano in quella strada, passano, bisogna fare… e loro si muovevano subito. Queste donnette che dovevano pensare ai figli e si mobilitavano per noi per i loro compagni, i loro mariti eccetera eccetera. E un’altra cosa che allora mi sorprese fu questo. Noi eravamo il partito, il partito comunista. In quel momento il partito comunista era… era un punto… era un messaggio. Era un’aspettativa, era una speranza per questa povera gente. Noi eravamo il partito, il partito comunista badate, ed eravamo dei signorini. Eravamo personaggi di un’altra vita che vivevano un altro, che… che pensavano in un altro modo, perché noi eravamo gente colta, capisci? E questo mi ha… mi ha segnato, mi ha molto… molto segnato. È stato un momento per me di grande di grande insegnamento. Che poi l’ho portato nella vita anche cercando nella scuola di andare sempre verso… verso la gente umile, verso la gente più indifesa”.
Oggi Mario compie 103 anni.
Auguri compagno!

Sorgente:  Facebook

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