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Omicidi bianchi. Indagini chiuse, accertata la rimozione delle sicurezze sull’orditoio killer, dolosamente manomesso per ottenere l’8% di produzione in più. Ma senza vantaggi economici: “Era usato solo per la campionatura, e non avrebbe generato alcun guadagno per l’azienda”.

Riccardo Chiari

L’accertata rimozione delle sicurezze sull’orditoio che cinque mesi fa uccise l’apprendista operaia Luana D’Orazio, avrebbe fruttato solo l’8% di produzione in più rispetto a un macchinario che, per giunta, era usato solo per la campionatura. “E non ci sono stati riscontri tangibili dal punto di vista economico”, viene puntualizzato dagli uffici della polizia giudiziaria della procura pratese, visto che la campionatura non influisce sul fatturato aziendale. In definitiva la manomissione “non avrebbe generato alcun guadagno per l’azienda”. Ma è costata la morte di una ragazza madre di 22 anni. Rimasta uccisa sul colpo, come evidenziato dal consulente nominato dalla procura, l’ingegner Carlo Gini, dopo essere finita dentro l’orditoio avviato in modalità automatica e ad alta velocità.

Nell’avviso di conclusione delle indagini notificato a Luana Coppini, titolare de “L’Orditura” a Montemurlo; al marito della donna Daniele Faggi, ritenuto dagli investigatori della finanza l’amministratore di fatto dell’azienda; e al tecnico manutentore Mario Cusimano, i reati ipotizzati a loro carico sono l’omicidio colposo e la rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche. Ora i tre indagati avranno venti giorni di tempo per farsi interrogare o per presentare memorie difensive, e successivamente i magistrati requirenti chiederanno al giudice il rinvio a giudizio. A un processo che, sulla base della consulenza e delle indagini fatte, appare scontato.

Gli approfonditi accertamenti dell’ingegner Gini, che ha avuto anche l’aiuto di tecnici della casa produttrice tedesca Karl Meyer, e la decrittazione della scatola nera del macchinario, hanno potuto stabilire che la velocità a cui stava girando il subbio, il cilindro rotante che avvolge il filo della tessitura, era alta al momento della tragedia. Dunque in una fase in cui le saracinesche di protezione devono rimanere abbassate, per elementari motivi di sicurezza. Ma la manomissione accertata rendeva invece l’orditoio un rischio continuo per chi si trovasse a lavorare vicino a un cilindro pesante quattro quintali. Come Luana, soccorsa nel giro di sette secondi ma inutilmente, visto che il macchinario l’aveva uccisa subito, schiacciandole il torace dopo averla letteralmente risucchiata.

“Un abbraccio mortale”, ha scritto nella perizia il consulente tecnico della procura. Con una “evidente manomissione fatta da tempo”, tramite un ponticello elettrico, per consentire all’orditoio di funzionare con la saracinesca alzata. E, ad aumentare ulteriormente il rischio, la presenza di una “staffa fortemente sporgente anziché una con superficie esterna liscia, come previsto e fornito dal costruttore”. La stessa staffa sulla quale i vestiti dell’apprendista operaia rimasero impigliati.

Anche dopo la chiusura delle indagini la mamma di Luana, Emma Marrazzo, continua a chiedere giustizia e non vendetta: “Mi affido a chi ha il potere di decidere. Voglio solo giustizia per mia figlia, per noi che ora sopravviviamo soltanto, e per tutte le vittime. Non è giusto che un operaio inizi il turno di lavoro con la paura di non tornare vivo a casa. Le cose devono cambiare”. “Lo scorso anno – ricorda sul punto Nicola Fratoianni di Sinistra italiana – ben l’86% delle aziende ispezionate dall’Inail è risultata irregolare”. L’ennesimo dato drammatico. A tal punto che, dopo l’annuncio del governo di velocizzare l’assunzione di 2.300 nuovi ispettori, le commissioni giustizia e lavoro del Senato hanno incardinato una pdl per istituire una procura nazionale ad hoc. “Un fatto positivo”, commenta Giovanni Mininni che guida la Flai Cgil.

Sorgente: Luana, una morte sempre più assurda | il manifesto

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