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Niccolò Nisivoccia

La vicenda dei lavoratori dello stabilimento della Gkn a Campi Bisenzio è l’ennesima dimostrazione, l’ennesima conferma dell’incapacità del mercato di regolare sé stesso, di provvedere a sé stesso razionalmente. È cronaca di questi giorni, di queste ore: non può essere definito razionale un sistema nel quale al diritto di licenziamento spettante all’una parte, in questo caso il fondo di investimento Melrose, corrisponda la totale assenza di diritti e tutela della parte contrapposta, le centinaia di dipendenti lasciati a casa da un giorno all’altro. La vicenda di Campi Bisenzio, guardata da questo punto di vista, è dunque l’ennesima conferma del fatto che il principio della naturalità del mercato, la sua presunta capacità di trovare da sé un proprio equilibrio, è in realtà un’ipocrisia – e genera mostri, in assenza di regolamentazioni esterne.
Vale a dire in assenza di un intervento dello Stato in tutte le sue emanazioni: a cominciare dalle norme di legge e dai tribunali chiamate ad applicarle.

A Campi Bisenzio lo Stato si è incarnato appunto in un tribunale, il quale non ha disconosciuto “la discrezionalità dell’imprenditore rispetto alla decisione di cessare l’attività di impresa” ma ha affermato che “la scelta imprenditoriale deve essere attuata con modalità rispettose dei principi di buona fede e correttezza contrattuale”. Su questo presupposto, che la correttezza non fosse stata rispettata, il licenziamento è stato revocato: e per ora i lavoratori potranno tornare a lavorare.

Del resto, l’inadeguatezza del mercato a trovare da sé un ordine razionale, che sia capace di produrre come tale un equilibrio sostenibile, è confermata in maniera lampante anche dalle riforme in corso riguardanti il diritto fallimentare. Se ne parla poco sui mezzi di informazione generalista, perché si tratta di questioni molto tecniche, e forse anche perché il diritto fallimentare è dotato di capacità suggestive inferiori a quelle ad esempio del diritto penale. Ma al tempo stesso si tratta di norme molto importanti, destinate come sono a regolamentare le crisi economiche e finanziarie, a tutela degli equilibri di un intero sistema.

Chi segua la materia, per mestiere o per interesse, sa bene come le riforme e le controriforme si siano incessantemente succedute, in questi ultimi anni, incessantemente accavallandosi e sovrapponendosi le une alle altre. E cosa rappresentano, queste continue riforme, se non l’espressione a loro volta di altrettanti tentativi di rimediare attraverso interventi dall’esterno alle inefficienze del mercato?

Preso atto che le crisi economiche e finanziarie hanno assunto, via via, sempre più un carattere di normalità, anziché di eccezionalità, il legislatore sta cercando di costruirvi intorno un apparato legislativo che possa contenerne il più possibile l’urto: che possa consentire di non venirne schiacciati tanto ai debitori (che siano imprenditori o comuni cittadini) quanto ai loro creditori.
Ma il problema rimane, e consiste nel fatto che in ogni caso – anche nei casi di di Campi Bisenzio e delle riforme del diritto fallimentare, che in questo discorso possiamo accomunare – qualunque intervento sarà destinato a rivelarsi sempre inadeguato fino a quando la prospettiva sarà sempre solo quella di interventi postumi: come se non fosse dato altro che di intervenire dopo, in un’ottica sempre solo riparatoria o risarcitoria, a fatti già accaduti. Oggi un licenziamento nel disprezzo delle più elementari regole di correttezza e buona fede è stato revocato, ma domani ne verrà disposto un altro; oggi una crisi è stata gestita e magari superata, ma domani ne insorgerà una nuova.

Spetterebbe alla politica assumere un punto di vista diverso. Alcuni anni fa, in un suo saggio intitolato “L’ordine giuridico del mercato”, Natalino Irti lo aveva scritto molto chiaramente: la razionalità del mercato, inesistente in rerum natura, può essere solo “politico-giuridica, poiché riposa sul vigore delle scelte politiche e sull’efficacia delle leggi, insieme congiunti nell’ordine del mercato”. Ecco, è questo che sembra mancare sempre di più: un’assunzione di scelte politiche, prima ancora che giuridiche. Una politica a largo respiro, un’assunzione di responsabilità che trascenda il tempo solo presente, la pura contingenza.

Il Comune di Campi Bisenzio prende il nome dal fiume, il Bisenzio, che lo attraversa, e “Presso il Bisenzio” è titolo di una celebre e bellissima poesia di Mario Luzi, che si conclude così: “Non potrai giudicare di questi anni vissuti a cuore duro,/ mi dico, potranno altri in un tempo diverso”.

Sorgente: La lotta della Gkn contro il mercato che genera mostri | il manifesto

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