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Il caso. Mille voci sulla “riforma” di una misura che resterà la stessa. Chiesti più controlli e tagli al sussidio a chi non accetta il lavoro (precario). E dal VII municipio di Roma un bando sul lavoro gratuito dei percettori del “reddito”, dovranno raccogliere l’immondizia al posto dei lavoratori dell’Ama. E’ l’applicazione di una delle norme previste dai Cinque Stelle nel 2019 e da nessuno messa in discussione

Roberto Ciccarelli

Sul reddito di cittadinanza si resta in attesa del rapporto della commissione presieduta da Chiara Saraceno che dovrebbe indicare al governo i parametri da seguire per fare un «tagliando», un’altra orrenda metafora che associa le politiche pubbliche governano la vita delle persone alla manutenzione di un automobile da revisionare. L’ultimo a usarla è stato il ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) il 22 ottobre scorso.

Secondo le «anticipazioni» circolanti da mesi- sempre le stesse – si prospetta un inasprimento delle condizioni già durissime imposte ai poveri e ai lavoratori poveri dai pentaleghisti del «Conte 1». Il partito unico draghiano oggi si è reso conto che mai a 1.109.287 persone che hanno sottoscritto un «patto per il lavoro» (dati al 30 settembre dell’Anpal) saranno fatte tre «proposte congrue di lavoro». Sarebbe stata trovata questa soluzione: dopo il rifiuto della prima «offerta», cioè di un lavoro precario, il sussidio sarà tolto al beneficiario (altri dicono dopo due). La «colpa» sarà di chi avrà rifiutato e tutti continueranno nel gioco preferito dalla politica classista: sono i precari che non vogliono lavorare mentre le povere «imprese» non trovano lavoratori. Lo abbiamo visto in estate con l’infondata ma pervasiva campagna degli sfruttatori del lavoro stagionale che si lamentavano del fatto che i percettori del «reddito» non accettavano paghe da fame. In compenso si progetta di mettere al lavoro gratis i percettori del «reddito» per pulire le strade in una Roma sommersa dall’immondizia. Il VII Municipio ha emesso un bando. Un modo per sostituire gli addetti pagati dell’Ama. Il neo-sindaco Gualtieri pensava a questo quando ha promesso una «Roma pulita entro natale»? Gli 800 milioni stanziati in legge di bilancio sono diventati lo spunto per ragionare sui «risparmi» da fare su una misura, finanziata in deficit, e non attraverso il sistema fiscale, che costa più di otto miliardi di euro all’anno. I soldi dovrebbero andare agli incentivi alle imprese e al taglio delle tasse sul lavoro. Un classico esempio di contrapposizione tra i «lazzaroni», il «salariato» e i «produttori». Dalla solidarietà e dalla giustizia sociale si passa alla guerra dei penultimi contro gli ultimi. Mentre i politici riconoscono l’utilità del «reddito», (quasi) tutti sembrano d’accordo nel punire i lavoratori poveri e ridimensionare una platea insufficiente.

Il sussidio di ultima istanza contro la povertà assoluta è vittima di un duplice equivoco creato dai Cinque Stelle nel 2018. Questa misura non è un «reddito di cittadinanza», cioè un reddito universale che soddisfa i bisogni basilari di tutti, sia i lavoratori che i non lavoratori. In più esclude milioni di persone in povertà assoluta, penalizza le famiglie numerose, esclude gli extracomunitari residenti da meno di 10 anni e non contempla il milione di poveri in più prodotti solo nel 2020 dalla crisi innescata dal Covid. Non è un reddito minimo garantito che potrebbe coinvolgere i lavoratori poveri. La truffa semantica del «reddito di cittadinanza» non è una «politica attiva del lavoro». In Italia non esiste, né esisterà (per fortuna) per la prossima generazione un sistema organico di «Workfare», ma si prospetta il taglio del sussidio con il passare dei mesi. Ci sarebbe bisogno di una riforma del titolo V della Costituzione che lascia alle regioni la competenza decisiva sulle politiche occupazionali e impedisce di centralizzarle nel governo. La riforma fu inserita da Renzi nel «suo» referendum giustamente bocciato. L’obiettivo è lo stesso: stigmatizzare i poveri e imporre lavori precari o gratuiti. Nessuno nel Palazzo parla di una riforma universale del Welfare e di estendere il «reddito di cittadinanza» in un reddito di base decisivo per affrontare la riconversione ecologica.

Sorgente: Il pensiero unico sul «reddito di cittadinanza»: sorvegliare e punire i poveri | il manifesto

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