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Su 130 lavoratori sono 36 quelli senza Green pass: la compagnia di trasporti e consegne si è dovuta fermare. «Abbiamo scelto di stare tutti dalla stessa parte»

La Gls di Castel Maggiore il 15 ottobre, giornata di introduzione del Green pass per i lavoratori, si è fermata. A mandare all’aria i piani della General Logistics Systems, la compagnia di trasporti internazionale che fa parte della società britannica delle poste e che in tutto il mondo vanta un fatturato di quasi 2 miliardi di euro, sono stati i corrieri, per la maggioranza di origine straniera. Tutti uomini e nati in Romania, Moldavia, Pakistan e Marocco per lo più.

La protesta di 90 su 130 addetti

In 90 su oltre 130 addetti hanno incrociato le braccia e hanno deciso di non partire con i loro automezzi in solidarietà di una minoranza, 36 in tutto, che non era in possesso del green pass. Alcuni perché non vaccinati, altri perché, dopo aver contratto il Covid, avevano la carta verde scaduta, la stra-grande maggioranza perché ritiene che non si possa pagare per lavorare e che il costo del tampone, unica via per avere il certificato se non si è immunizzati, deve essere a carico del datore di lavoro. Solo in 10, «ma perché a tempi determinato e quindi più ricattabili», hanno svolto regolarmente le loro mansioni. Tutti gli altri non hanno esibito la carta verde quando è stata loro richiesta e sono tornati a casa. Conseguenza: la multinazionale di spedizioni non è riuscita a svolgere la sua attività al 100%, lasciando solo la possibilità ai clienti di andare a ritirare direttamente in sede i propri plichi.

Sorgente: Corriere di Bologna

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