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Giustizia. L’esecutivo blinda penale e civile. Ma la ministra avverte: compromesso tra alleati «variegati»

Andrea Fabozzi

«Il governo è supportato da una maggioranza molto ampia e questo è un bene, ma…». Il discorso che la ministra della giustizia è andata a fare ieri all’Università di Perugia come si vedrà è assai importante. A partire dalla premessa per la quale la più che solida base parlamentare del governo Draghi non lo mette al riparo dalle difficoltà. È infatti contro la sua maggioranza che l’esecutivo sta rovesciando sulle camere una pioggia di questioni di fiducia. Ieri due, la prima alla camera sul Green Pass, la seconda al senato sulla riforma del processo civile. Che è un disegno di legge delega (quindi scritto dal governo per il governo), in prima lettura, sostituito ieri in aula da un maxi emendamento del governo che ne ha complicato la lettura – il testo diventa un unico articolo di 44 maxi commi – ma ha consentito un solo voto di fiducia.

Necessaria invece una doppia fiducia oggi, sempre al senato, per approvare la legge delega di riforma del processo penale. In questo caso si tratta della seconda lettura: una delle riforme sulle quali più ha puntato il governo può dirsi compiuta. O meglio potrebbe dirsi compiuta, visto che avrà bisogno dei decreti legislativi attuativi per i quali serviranno altri 12 mesi. Salvo che nella parte dispositiva che riguarda la prescrizione, dove i pasticci della riforma Bonafede (ai tempi del governo con la Lega) sono stati tamponati con la ormai famosa novità della «improcedibilità». Un rimedio che è un compromesso, è questo il senso più importante del discorso di ieri di Marta Cartabia, al quale la ministra non è particolarmente affezionata.
«Io non amo molto che il mio nome sia associato a nessuna di queste misure – dice a Perugia parlando delle riforme dei processi penale e civile – tutte sono frutto di un lavoro corale e il terreno per queste riforme è stato dissodato già dai governi precedenti». Non nel mio nome, dice la ministra, che solo sulla novità dell’ufficio del processo vuole mettere la firme, «una cosa in cui veramente mi riconosco».

Questo perché la maggioranza «molto ampia» l’ha costretta alla fine, nel caso della riforma penale, a mettere da parte le proposte che aveva ricevuto dalla commissione di esperti da lei nominata, per fare posto alla mediazione, soprattutto con i 5 Stelle e con una parte della magistratura. «Dimenticare il contesto in cui si elaborano determinate scelte – è l’avviso di Cartabia – significa perdere di vista la ragione per cui certe opzioni vanno da una parte e non dall’altra.
Qui sembra che la ministra si stia rivolgendo ai tanti giuristi che hanno criticato la soluzione dell’improcedibilità, prevedendo una censura della Corte costituzionale che certo per lei, che della Consulta è stata presidente, non sarebbe cosa bella. Il compromesso, avverte, è il frutto di questa maggioranza non solo «molto ampia» ma anche «molto variegata». E «sappiamo bene quanto sia affascinante, laborioso, difficile, precario, delicato trovare dei punti di accordo all’interno della maggioranza».

Anche per questo piovono questioni di fiducia. Piovono sopra le perplessità della destra per il nuovo processo civile (e delle liti familiari) e dei 5 Stelle per quella penale, non essendo stato allargato l’elenco dei reati al riparo dalla improcedibilità (gli ex grillini oggi all’opposizione hanno inscenato una protesta: “La mafia ringrazia”).
Diventano allora cinque le fiducie, in tre giorni, considerando il primo passaggio del secondo decreto Green Pass ieri alla camera e il prossima sullo stesso provvedimento di nuovo al senato. È vero che le riforme nei riti penale e civile sono previste nel Pnrr e il governo le ritiene precondizioni per la continuità del sostegno europeo, ma blindare con la fiducia la legge che affida al governo stesso la riscrittura dei codici è mossa assai pesante. Tanto più che stronca l’esame della riforma penale in commissione (dove le opposizioni tentavano l’ostruzionismo).

La grande fretta ha a che fare con la sospensione dei lavori parlamentari la prossima settimana (e il decreto Green pass scade il 5 ottobre) eppure la sessione di bilancio che si doveva evitare è ancora lontana. Per fortuna di Draghi la maggioranza è così ampia che anche se a ogni fiducia perde un pezzo resta sempre più che sufficiente. Ieri sera al senato i sì sono stati 201, una sessantina meno di quelli che il governo avrebbe sulla carta. C’è spazio e tempo per fare peggio. Ancora pochi giorni e saremo alla diciottesima questione di fiducia.

Sorgente: Cartabia e le riforme: Not in my name | il manifesto

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