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Grosseto, 8 luglio 2021 – Dieci ore di lavoro, a volte anche dodici. Pagati 3 o 4 euro all’ora. Raramente si sale fino a 6. Trasportati su carri bestiame moderni, a motore e con le ruote ma pur sempre di mezze carrette si tratta. Uomini e donne, spesso di colore perché nordafricani, o dello ShriLanka.Sono i braccianti della Maremma addetti alla raccolta di pomodori, meloni, angurie, ma anche uva (a settembre) e olio a ottobre. Buona parte di loro lavora a nero: sono sfruttati dai cosiddetti ‘caporali’, imprenditori senza scrupoli di cui anche la provincia di Grosseto non è priva.Si stima siano in numero variabile tra 135 e 200, i caporali. Lo si calcola sulla base di un’altra stima, quella, appunto, relativa ai lavoratori “invisibili”: secondo i sindacati sono in media 4mila a stagione, ma tra agosto e settembre possono arrivare anche a 5mila. E siccome una ‘squadra di raccolta’ mette insieme tra le 20 e le 30 persone, ecco che il conto dei ‘caporali’ torna tra le 135 e le 200 unità.Questi numeri sono forniti dagli operatori del Sipla, il progetto nazionale che ha a capofila Communitas e Arci e che ha aperto anche a Grosseto uno sportello. Sipla sta per ‘Sistema integrato di protezione dei lavoratori in agricoltura’.

Sorgente: Tre euro l’ora: uno schiavo non vale di più. In Maremma l’inferno del caporalato agricolo – Cronaca

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