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Durante l’indagine “Beach Litter 2019” condotta da Legambiente, l’ultima prima dello scoppio della pandemia di COVID-19, sui circa 400mila metri quadrati di spiagge italiane furono trovati dai volontari ben 90mila rifiuti, soprattutto di plastica, pari a un migliaio di pezzi ogni centro metri in linea d’aria. La spazzatura, dunque, soffoca sia il mare che le spiagge, non solo rovinando uno dei principali patrimoni naturalistici (e turistici) del Bel Paese, ma mettendo anche a repentaglio la sopravvivenza della fauna selvatica. Ora, grazie a una nuova campagna effettuata sulle spiagge di Bournemouth, Christchurch e Poole nel Dorset, Regno Unito, è stato dimostrato quanto siamo in grado sporcare e deturpare una spiaggia in un breve lasso di tempo.

Per farlo l’ente amministrativo BCP Council in collaborazione con l’organizzazione ambientalista Hubbub e la società di nuove tecnologie Ellipsis Earth hanno sperimentato un sistema di monitoraggio in grado di calcolare il peso, il numero e la tipologia di rifiuti che vengono abbandonati sulle spiagge. Il sistema sfrutta droni dotati di fotocamere e su una sofisticata intelligenza artificiale basata su un algoritmo in grado di quantificare l'”impronta” della spazzatura umana. È stato testato sulle spiagge britanniche delle tre città tra il 27 maggio e il 2 giugno, per un totale di poco meno di 500mila chilometri quadrati monitorati. Il risultato è stato a dir poco sconcertante. Sono stati infatti conteggiati oltre 123mila “pezzi” di spazzatura, contro i 22mila rilevati a marzo durante il lockdown. In pratica, c’è stato un aumento dei rifiuti del 454 percento, legato al semplice fatto che le persone sono potute tornare a frequentare le spiagge e a insozzarle.

Dall’indagine è emerso che i rifiuti più comuni erano le sigarette, circa 50mila, seguiti dalla carta (33mila) e dai pezzi plastica (poco meno di 7mila), molti dei quali ridotti in brandelli dai gabbiani. Il peso totale degli rifiuti superava le 1,5 tonnellate; quelli più voluminosi (complessivamente) erano le bottiglie di vetro, occupando oltre il 30 percento del volume totale della montagna di spazzatura. Sono stati identificati numerosi giocattoli, prodotti per la famiglia, salviettine e cartoni di succo di frutta. Fortunatamente i dispositivi di protezione individuale (DPI) come mascherine e guanti rappresentavano “soltanto” lo 0,7 percento dei rifiuti totali. Recentemente i due scienziati Auke-Florian Hiemstra e Liselotte Rambonnet del Naturalis Biodiversity Center e dell’Università di Leida (Paesi Bassi) hanno mostrato l’impatto catastrofico dei DPI sulla fauna selvatica, in particolar modo sugli uccelli, molti dei quali restano intrappolati e uccisi.

Sorgente: Siamo all’inizio dell’estate e le spiagge sono già sommerse da tonnellate di rifiuti

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