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di Vincenzi Genovese

Gli arrivi da Minsk sono moltiplicati nell’ultimo anno: Vilnius chiede aiuto all’Unione europea, che manda gli agenti di Frontex. I flussi di rifugiati sono l’arma di ricatto e ritorsione del regime bielorusso per le sanzioni subite. Nel 2021 1716 persone hanno attraversato illegalmente il confine. In tutto il 2020, erano state 81

Un nuovo fronte migratorio si è aperto nell’Unione europea. Dopo i Paesi del Mediterraneo e quelli interessati dalla «rotta balcanica», a preoccuparsi ora è anche la Lituania, che ha registrato un significativo aumento di ingressi irregolari dalla vicina Bielorussia. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno lituano, 1716 persone hanno attraversato illegalmente il confine nel 2021, circa metà delle quali solo nella prima settimana di luglio. In tutto il 2020, erano state solo 81. Il governo ha chiesto l’intervento della Commissione europea, mentre il tema monopolizza il dibattito pubblico nel Paese, con articoli e commenti sulla recente impennata di arrivi sui principali organi d’informazione lituani.

La preoccupazione a livello politico è tale che l’esecutivo del Primo ministro Ingrida Šimonytė ha dichiarato lo Stato d’emergenza all’inizio di luglio, dirottando maggiori risorse economiche per la gestione del fenomeno. Nei giorni scorsi è cominciata anche la costruzione di una recinzione di 30 chilometri al confine, nei pressi di Druskininkai, uno dei principali punti di ingresso. Proprio a ridosso di questa città, nella parte sud-occidentale della Lituania, è andata in scena una manifestazione anti-migranti: i partecipanti hanno chiesto controlli più rigidi alle frontiere e le dimissioni del ministro degli Esteri Gabrielius Landsbergis, criticando il governo per l’incapacità di fermare gli arrivi. Il Parlamento intanto ha etichettato l’immigrazione degli ultimi tempi come una «minaccia ibrida», suggerendo consultazioni persino con la Nato e dibattendo una riforma della legge sull’asilo per sveltire le procedure.

Questioni del genere non sono così comuni in Lituania, Paese che conta meno di tre milioni di abitanti e che in condizioni normali impiega pochi agenti ai posti di frontiera. «Bisogna ammettere che si tratta di una sfida senza precedenti per noi», spiega a Linkiesta l’eurodeputato lituano Liudas Mažylis. «La situazione è preoccupante, considerando anche i rischi sanitari che ne conseguono per la diffusione del Covid19». Secondo l’europarlamentare, c’è un certo livello di allerta per la concreta possibilità che questi flussi aumentino a dismisura nel futuro se non vengono fermati ora.

Anche il sistema di accoglienza del Paese non è pronto a far fronte a numeri così elevati. La maggior parte dei migranti presenta una richiesta d’asilo e le autorità stanno allestendo un campo da mille persone circa a Vilnius, affiancato da strutture più piccole nei villaggi di confine. Nella prima metà dell’anno le persone in arrivo dalla Bielorussia erano perlopiù di nazionalità irachena, iraniana o siriana, mentre l’ultimo mese ha visto la crescita nel numero di migranti africani, provenienti da Congo, Gambia, Guinea, Mali e Senegal.

La strategia di Lukashenko
Secondo il governo lituano e le istituzioni europee, dietro a questo improvviso afflusso ci sarebbe una chiara regia da parte della Bielorussia. Il suo presidente, Alexander Lukashenko, sta permettendo a centinaia di persone di circolare liberamente sul territorio nazionale, lasciandole libere di arrivare alla frontiera. Il sospetto è persino che siano le stesse autorità bielorusse a dirigere attivamente il traffico di esseri umani. Questa tattica sarebbe in primis una ritorsione per la politica sanzionatoria messa in atto nei confronti di Minsk.

La Lituania ha infatti giocato un ruolo chiave negli eventi successivi alle elezioni bielorusse dell’agosto 2020, rifiutandosi per prima di riconoscere la vittoria di Lukashenko e poi fornendo assistenza economica e logistica all’opposizione in esilio, così come alle organizzazioni della società civile. Proprio a Vilnius si trova il quartier generale di Sviatlana Tsikhanouskaya, la leader dell’eterogeneo movimento che punta a rovesciare l’attuale sistema di potere.

Ma la mossa di Lukashenko ha anche un risvolto negoziale, sulla scorta di dinamiche analoghe che accadono in altri punti di frontiera esterna dell’Ue, dalla Turchia al Marocco. Il presidente bielorusso e i suoi sostenitori sono stati colpiti duramente dall’ultimo pacchetto di sanzioni varato dal Consiglio dell’Ue, in risposta al dirottamento di un aereo di linea, compiuto per arrestare il giornalista dissidente Raman Pratasevich e la compagna Sofia Sapega.

Al tempo stesso, Lukashenko sa quanto la questione migratoria sia complicata e potenzialmente divisiva per i Paesi dell’Ue: i migranti in transito in Bielorussia possono così convertirsi in una minaccia da sventolare nei confronti di Bruxelles. «Se qualcuno pensa che chiuderemo i confini e diventeremo un luogo di prefiltraggio per i profughi, si sbaglia di grosso», ha detto di recente il leader bielorusso all’agenzia di stampa nazionale, senza risparmiare una punta di ironia. «Non tratterremo nessuno: in fin dei conti non sono diretti da noi, ma verso l’illuminata, calda e accogliente Europa».

La risposta dell’Unione europea
Chiamata a gran voce dal governo lituano, che ha chiesto di affrontare il tema nell’ultima riunione dei ministri degli Esteri, l’Unione europea sembra pronta a schierarsi al fianco di Vilnius. Sia in maniera simbolica, che concreta: il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha visitato un punto di attraversamento di confine insieme al Primo ministro lituano, condannando «ogni tentativo di strumentalizzare le migrazioni per esercitare pressione sugli Stati membri dell’Ue». Sulla stessa linea il vice-presidente della Commissione, Margaritis Schinas: «Non permetteremo che le persone siano usate come strumento politico».

Ma soprattutto, la Guardia di Frontiera europea ha appena lanciato un’operazione sul suolo lituano, in risposta a una richiesta da parte del Paese baltico. Non meno di 60 agenti di Frontex interverranno al fianco di quelli locali, per meglio presidiare i confini e smantellare eventuali reti di trafficanti, mentre anche la Polonia si è offerta di fornire personale specializzato. Sembra invece tramontata sul nascere la misura ipotizzata dalla commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson: restrizioni sui visti ai cittadini bielorussi per entrare nell’Ue. Come evidenziato anche da Sviatlana Tsikhanouskaya, si tratterebbe di una mossa controproducente: a richiedere i permessi sono spesso proprio cittadini in fuga dal regime autoritario di Lukashenko. «Il nostro popolo dipende dall’apertura dell’Europa. La giusta risposta in queste circostanze è semplificare le procedure dei visti», ha commentato la guida dell’opposizione democratica.

Per rendere efficace quel «pieno supporto» promesso da Michel alla Lituania, in ogni caso, è necessario che l’Ue allarghi il suo raggio d’azione. Come sottolinea Liudas Mažylis, che appartiene allo stesso partito del Primo ministro, il governo in carica ha in programma una missione per negoziare direttamente con Turchia e Iraq e provare così a risolvere il problema alla radice, togliendo a Lukashenko le sue armi di ricatto. «L’appoggio politico e l’unanimità degli altri Paesi saranno fondamentali nei prossimi mesi. Le possibilità di trovare accordi soddisfacenti sono molto più alte se si tratta con la presenza diplomatica di tutta l’Ue piuttosto che in rappresentanza di un singolo Stato», afferma l’eurodeputato.

Il ministro degli Esteri lituano Landsbergis è convinto infatti che molti dei migranti arrivino in Bielorussia su voli di linea in partenza da aeroporti turchi e che la cooperazione con Ankara permetterebbe di identificarli e riportarli nei loro Paesi d’origine. La commissaria Johansson ha confermato questa ricostruzione, pur sottolineando che la dinamica è ancora oggetto di indagine.

Come in altre circostanze, la solidarietà fra gli Stati che compongono l’Unione si tradurrebbe, in pratica, in un tentativo di esternalizzazione della politica migratoria. Per risolvere un problema di frontiera con la Bielorussia, verrebbero coinvolti Paesi terzi molto distanti, spostando il target dell’intervento comunitario sempre più lontano dai confini dell’Ue.

Sorgente: La strategia di Lukashenko dietro l’aumento di ingressi irregolari in Lituania – Linkiesta.it

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