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Il premier ungherese Orban alla fine ha dato ragione a Meloni.I nazionalisti uniti nei valori ma divisi sui banchi dell’Europarlamento

di Claudio Tito

Doveva essere l’atto di nascita della nuova destra sovranista europea, molto probabilmente ne sarà la dichiarazione di morte. La carta firmata da 16 gruppi variamente sovranisti del Parlamento europeo, infatti, avrà un effetto molto limitato sulla geografia politica del nazionalismo continentale.

Perché? Perché non tutti condividono il progetto di dar vita ad un unico gruppo (e magari ad un unico partito) frutto di una fusione tra quel che ora sono i Conservatori e quella formazione piuttosto radicale di “Identità e Democrazia”. Di cui fanno parte la Lega di Salvini, la francese Le Pen e e anche e i superestremisti tedeschi di Afd.

Non tutti sono d’accordo perché in particolare le componenti dei Conservatori non se la sentono affatto di unirsi in un percorso comune. Soprattutto Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che ha vissuto questa operazione come l’ennesimo tentativo dell'”alleato” Matteo Salvini di arginarla. Di renderla inefficace in Europa. Di farla apparire sempre meno un punto di riferimento. In sintesi di provare a escluderla dalla competizione italiana per la premiership di centrodestra. Ma insieme alla presidente dell’Ecr (appunto il partito dei Conservatori e riformisti) ci sono quasi tutti gli altri aderenti al gruppo, a cominciare dagli spagnoli di Vox che hanno firmato la Carta con l’obiettivo di contrastare le varie forme di indipendentismo presidenti nel lo Paese.

A distinguersi nel percorso di “fusione” immaginato dal segretario leghista ci sono i polacchi di Diritto e Giustizia. Ma il resto del Gruppo conservatore, appunto, nemmeno ci pensa. E questo si capisce anche dal tenore della “Carta” sottoscritta. Il riferimento è solo alla Conferenza per il futuro dell’Europa (che dovrebbe ridisegnare il profilo costituzionale dell’Unione) e alla difesa delle “nazioni” contro il progetto federalista. Nessun cenno a gruppi o partiti unici. Sebbene gli esponenti del Carroccio insistano su questo punto e con essi in primo luogo gli austriaci del Partito della Libertà e i “Veri Finlandesi”. Persino l’ungherese Viktor Orban se ne tiene lontano. Troppo vicine per lui le elezioni nel suo Paese (marzo 2022) per correre il rischio.

Il motivo dello scontro e quindi del probabile tramonto del percorso unitario è sia “politico”, sia molto “pratico”. Si deve tenere presente la dinamica italiana e quella comunitaria. Salvini ha bisogno di recuperare spazio. I suoi margini di manovra a Bruxelles sono pari a zero. Ha perso per questo quattro eurodeputati in pochi mesi (tre sono andati a Forza Italia e uno a Fdi) e l’alleanza con la Le Pen e Afd li ha sostanzialmente emarginati. Identità e Democrazia a Strasburgo è fuori da tutti i giochi di potere. Un esempio: non hanno nemmeno una presidenza di commissione, i Conservatori ne hanno due. Questo si riflette anche sui finanziamenti dell’Europarlamento.

Questo varrà ancora di più a gennaio prossimo, quando si rieleggeranno tutti i vertici parlamentari compreso il presidente. Se non rientrano negli accordi, resteranno ancora nell’angolo buio di Strasburgo. Esattamente per lo stesso motivo nessuno degli altri intende mollare le posizioni conquistate. Come dice un esperto funzionario di Palazzo Europa: “Nessuno rinuncia a gabinetti, collaboratori, posizioni per fare una cortesia a Salvini”.
Per Id, insomma, è un limbo da cui non riescono a uscire. Per capire quanto l’interesse sia questo, bisogna sottolineare che il documento non è stato firmato dai tedeschi di Afd. Perché? Non li hanno voluti. Sanno che la macchina europea non accetterebbe mai un partito con tendenze naziste più o meno velate. Già Lega e la Pen sono prodotti poco metabolizzabili in quei palazzi, ma Afd sarebbe stato un cazzotto allo stomaco.

Il gioco di potere è talmente evidente che Fratelli d’Italia prima di ieri ha per tre volte rinviato la firma della Carta. Ha ceduto alla fine – dopo aver incontrato il polacco Morawiecki e la scorsa settimana proprio l’ungherese Orban – solo con la garanzia che non ci sarebbe stato alcun riferimento a gruppi o partiti unici.
Ma che la politica italiana abbia condizionato le scelte, lo dimostra ancora la mossa di Salvini. Che ha provato a dare uno spintone a Meloni ma anche uno scappellotto a Giancarlo Giorgetti.

Il ministro dello Sviluppo economico, infatti, da tempo sostiene il dialogo tra la Lega e il Ppe. Ora ogni possibilità è archiviata. “Noi – dicono al gruppo popolare – non potremo mai stare con chi sostiene posizioni di quel genere”. Per non parlare della sorpresa di Forza Italia che da sempre avverte: “Per governare bisogna stare con il Ppe, non con Le Pen”. E per capire quanto queste vicende abbiano un peso in Europa, basta tenere nota del rifiuto opposto dal vicepresidente della Commissione europea, il socialista olandese Timmermans, al presidente di turno della Ue lo sloveno sovranista Jansa: nessuna foto insieme

 

Sorgente: Il gruppo sovranista non ci sarà: tramonta il piano del Carroccio – la Repubblica

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