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Genova – A quasi tre anni dalla tragedia del Ponte Morandi, costata la vita a 43 persone, la procura di Genova è pronta per l’atto finale: le richieste di rinvio a giudizio. Gli atti sono già pronti e nelle prossime ore i pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, insieme all’aggiunto Paolo D’Ovidio, li invieranno al giudice per fissare la data dell’udienza preliminare. Sono una decina le posizioni stralciate per nuovi approfondimenti di indagine.

A fine aprile la procura aveva chiuso l’inchiesta per 69 indagati, tra ex dirigenti e tecnici di Aspi e Spea (la controllata che si occupava delle manutenzioni), del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato delle opere pubbliche, oltre alle due società. Le accuse vanno dall’omicidio stradale, all’omicidio colposo plurimo, crollo doloso, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro. Per gli investigatori, tutti sapevano che il Morandi era in cattive condizioni e che bisognava intervenire con lavori di ripristino. Ma secondo l’accusa quei lavori vennero rinviati nel tempo per seguire la logica del massimo profitto con la minima spesa e dare maggiori dividendi ai soci. Con la richiesta di rinvio a giudizio la procura chiederà anche al giudice di decidere sui detriti del crollo, rimasti sotto sequestro dentro i capannoni dell’Amiu, la municipalizzata dei rifiuti.

Il Comune vorrebbe liberare l’area per completare i lavori per il Parco della Memoria ma anche per la riqualificazione economica. Alcuni legali delle parti avevano chiesto di tenerli ancora per consentire ulteriori approfondimenti. Avevano anche chiesto un supplemento di consulenza tecnica che però è stato respinto. L’indagine vede coinvolti, tra gli altri, l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, e gli ex dirigenti Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli. Questi stessi nomi si trovano nelle altre tre indagini nate dopo il crollo: quella sui report edulcorati sui viadotti, quello sulle barriere fonoassorbenti pericolose e quello sui falsi report sulle gallerie, quest’ultima in particolare nata dopo il crollo il 30 dicembre 2019 di parte della volta della galleria Bertè in A26. In tre anni gli investigatori del primo gruppo della guardia di finanza, guidati dal colonnello Ivan Bixio, hanno sequestrato e analizzato migliaia di documenti, file, email e chat ricostruendo le presunte omissioni, mancanze e responsabilità dei singoli indagati.

Sorgente: Ponte Morandi, pronte 60 richieste di rinvio a giudizio. Una decina di posizioni stralciate per approfondimenti – Il Secolo XIX

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