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Intervista al segretario della Cgil: “Sabato prossimo saremo in piazza perché resti il blocco dei licenziamenti e si utilizzino strade alternative Contrattare l’algoritmo vuol dire occuparsi delle persone e non solo dei profitti”

Roma – “Di picchetti, anche molto duri, ne ho fatti tanti nella mia vita sindacale. Ho bloccato i camion nei piazzali per impedire la consegna delle merci durante le vertenze, mi sono scontrato con i padroni e con i padroncini, mi sono sgolato per convincere i lavoratori a scioperare. Ma mai e poi mai ho visto un camionista forzare un picchetto, travolgere i lavoratori fino ad ucciderne uno. Mai ho assistito a qualcosa di simile».

Comincia da qui il ragionamento di Maurizio Landini, 59 anni, da due segretario generale della Cgil, per legare l’uccisione a Novara di un giovane sindacalista da parte di un altro giovane lavoratore con le leggi che hanno condotto alla “giungla della logistica”. Per arrivare poi al rapporto con il governo Draghi, al quale – il leader sindacale – torna a chiedere la proroga fino ad ottobre del blocco dei licenziamenti anche per impedire che si alimenti ulteriormente la tensione sociale. E poi a proporre di condividere i progetti e gli investimenti finanziati dall’Europa proprio per cambiare «quel modello di sviluppo basato sugli interessi del mercato e del profitto e non del lavoro». «Il premier ha detto in Spagna che è prioritaria la coesione sociale? Bene – dice Landini-, cominci dall’Italia».

 

Landini, perché sta esplodendo la guerra della logistica?
«La logistica riguarda tutti noi. Quella logica permea tutte le attività di servizio alla manifattura. Siamo di fronte ad uno sgretolamento del tessuto sociale, ad un imbarbarimento delle relazioni umane. Così si mette a rischio anche la tenuta della democrazia».

Non le sembra di esagerare? La democrazia in Italia appare ancora solida.
«Per nulla: la nostra è una Repubblica democratica – è scritto nella Costituzione – fondata sul lavoro. Ma ora domina lo sfruttamento del lavoro, la precarietà del lavoro, l’insicurezza del lavoro. Si è passati dalla tutela del lavoro al disprezzo del lavoro. Proviamo a mettere in fila tre recenti fatti di cronaca: l’orditoio manomesso su cui lavorava la povera Luana, i sistemi frenanti della funivia di Mottarone anch’essi manomessi, infine la morte di Adil. Sono legati dalla stessa logica: il tempo di vita e di lavoro viene piegato al mercato e al profitto e non alla centralità della persona. Questa assenza di vincoli sociali mette a rischio anche la tenuta democratica di un Paese. Dove stiamo andando?».

Vero, ma ci sono anche milioni di persone che mantengono le tutele lavorando in condizioni dignitose.
«È in atto da anni, più di venti, una metamorfosi del rapporto tra capitale e lavoro. Fino ad ora ha prevalso la logica del mercato e del profitto e così il lavoro è stato progressivamente svalorizzato: salari bassi, tagli agli investimenti in ricerca e innovazione, scarsa formazione, produttività ferma. E non è accaduto per caso. Una sequenza di leggi ha portato al punto in cui ci troviamo: è stata rilegittimata l’intermediazione di manodopera, un tempo vietata; è stata legalizzata la catena infinita degli appalti con la logica del massimo ribasso, per garantire i guadagni delle aziende ma non i diritti e la dignità di chi lavora. La giungla in cui ci troviamo nasce da una serie di leggi sbagliate. A tutto ciò la Cgil si è opposta e ha avanzato proposte alternative. La pandemia ha accelerato tutto, accentuando le forme di diseguaglianze, tra ricchi e poveri, tra protetti e precari, tra uomini e donne, tra giovani e anziani, tra Nord e Sud. Contemporaneamente ha fatto emergere il valore dello Stato sociale».

 

 

Colpe ne avete anche voi sindacalisti: nella logistica, per esempio, siete poco presenti.
«Già, sappiamo che dobbiamo fare di più. Ma le sembra facile fare attività sindacale tra finte cooperative che applicano regolamenti aziendali anziché i contratti di lavoro e aziende subappaltatrici che restano in vita per la sola durata dell’appalto? Lo sa che l’azienda che vince l’appalto, nella quale in genere si applica il contratto nazionale di settore e l’agibilità sindacale è garantita, non ha alcun vincolo affinché la ditta subappaltatrice adotti le stesse regole nei confronti dei lavoratori? In più ci sono i contratti pirata. Questo è il mondo della logistica».

Cosa chiede al governo?
«Di non conservare quelle leggi balorde, di innovare. Esattamente come ha fatto nel settore pubblico – grazie all’iniziativa di Cgil, Cisl e Uil – con il decreto Semplificazioni che vincola l’azienda vincitrice dell’appalto a garantire ai lavoratori delle imprese subappaltatrici gli stessi trattamenti normativi ed economici e l’applicazione del medesimo contratto nazionale di settore. Si estenda tale legge a tutti gli appalti nel privato».
Certo il governo non sembra orientato ad accogliere la vostra richiesta di una nuova proroga del blocco dei licenziamenti.

Il 30 giugno finirà il blocco, si è rassegnato all’idea?
«Proprio per niente. Il 26 giugno andiamo in piazza anche per chiedere la proroga del blocco. Ci saranno tre manifestazioni: chiediamo la proroga del blocco, l’estensione degli ammortizzatori sociali e di incentivare le strade alternative ai licenziamenti, dai contratti di solidarietà a quelli di espansione. Il governo ci convochi e faccia ripartire il dialogo sociale così costruiremo un’Italia migliore. Negli anni Settanta, con lo Statuto dei lavoratori, il Parlamento comprese la centralità del lavoro. Oggi dobbiamo recuperare quello spirito: un nuovo Statuto con il riconoscimento degli stessi diritti alle persone che per vivere devono lavorare. La Cgil ha presentato in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare, siamo pronti a confrontarci con tutti. Ma serve anche una legge che misuri l’effettiva rappresentanza dei sindacati e dei datori di lavoro, per estendere a tutti l’efficacia dei contratti nazionali».

Il ministro del Lavoro Orlando propone di contrattare, nella logistica, l’algoritmo che regola gli orari e i ritmi del lavoro. È d’accordo?
«Nell’ultimo congresso abbiamo lanciato l’obiettivo di contrattare l’algoritmo. Pensiamo che orario, ritmi, condizioni di lavoro debbano essere contrattati coniugando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quella delle imprese, mettendo al centro le persone e non solo il profitto delle aziende. Questo vuol dire contrattare l’algoritmo, perché la tecnologia non è neutra”

 

 

Sorgente: Landini: “Il lavoro ormai è disprezzato: così in Italia è a rischio la tenuta democratica” – la Repubblica

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