Seguiteci su Telegram https://t.me/Nuovaresistenza on Telegram
19 April 2024
0 9 minuti 3 anni

C’è il generale in pensione con il burocrate a Cinque Stelle, nel senso del partito. E anche il manager inquisito insieme a quelli pensionati. Sul treno miliardario del Recovery sta per imbarcarsi un gruppo industriale che sembra creato apposta per fare incetta di appalti. Si chiama Psc, vale oltre 350 milioni di ricavi ed è cresciuto tanto in fretta che ormai viene descritto come un’azienda di sistema, un crocevia di interessi e di relazioni che arrivano ai piani alti dei palazzi del potere politico e finanziario. Difficile spiegare altrimenti l’infornata di nomi altisonanti, in gran parte ex manager di Stato, che di recente ha trovato posto tra gli amministratori della società romana guidata dal presidente Umberto Pesce. Nell’arco di pochi mesi il board ha aperto le porte a una pattuglia eterogenea di professionisti che si portano in dote un patrimonio di relazioni accumulate in anni e anni al comando di società a controllo pubblico. In qualche caso, i nuovi consiglieri hanno diretto quelle stesse aziende, da Trenitalia all‘Enel, che con le loro commesse hanno trainato l’espansione di Psc, marchio in ascesa dell’impiantistica, dalle reti elettriche alle telecomunicazioni.

È il caso di Mauro Moretti, una vita nelle Ferrovie dello Stato fino a diventarne il numero uno dal 2006 al 2014. Moretti, che fino a tre anni fa era a capo di Leonardo, ex Finmeccanica, è entrato questo mese nel consiglio di Psc e presto diventerà amministratore delegato. La nomina, ancora da formalizzare, è stata accolta dalle proteste dei famigliari delle 32 vittime del disastro ferroviario di Viareggio. L’ex manager di Stato, infatti, è in attesa di un nuovo processo per l’incidente del 2009, dopo che la Cassazione ha disposto un appello bis e le condanne a suo carico per omicidio colposo e lesioni gravissime sono andate in prescrizione. Una situazione imbarazzante, a maggior ragione per un gruppo come Psc, controllato dalla famiglia Pesce, ma finanziato da due azionisti pubblici come Fincantieri (10 per cento del capitale) e la Simest di Cassa depositi e prestiti, forte di una quota del 9,6 per cento. Interpellato da L’Espresso, il presidente Pesce risponde così: «In attesa che la giustizia faccia il suo corso con provvedimenti definitivi non si può precludere a nessuno un diritto costituzionalmente garantito come quello al lavoro». Va ricordato che l’ex capo di Trenitalia nel 2017 ha lasciato Leonardo con una buonuscita di 9,4 milioni per tre anni di lavoro.

 

Vito Cozzoli

Del caso Moretti, e delle sue ricadute sul piano dell’immagine, si occuperanno in prima persona Vito Cozzoli e Michele Adinolfi, chiamati di recente nel consiglio di Psc per gestire le relazioni pubbliche dell’azienda romana. Adinolfi, generale in pensione, già comandante in seconda della Guardia di Finanza, si trovò sotto i riflettori delle cronache sei anni fa, quando un’inchiesta giudiziaria della procura di Napoli svelò le sue conversazioni ben poco istituzionali con politici come Matteo Renzi, Gianni Letta, Luca Lotti, Adriano Galliani. Quelle intercettazioni finirono per affondare la carriera dell’alto ufficiale, che sembrava lanciato verso la nomina al vertice delle Fiamme Gialle. Scagionato da ogni accusa penale, Adinolfi è andato in pensione alla fine del 2015 e nell’autunno scorso è stato arruolato dalla società romana per occuparsi, si legge nelle carte societarie, di comunicazione ed “external affairs”. La delega per gli affari istituzionali è stata invece affidata a Cozzoli, che ai tempi dei governi Conte 1 e Conte 2 era un uomo chiave del ministero dello Sviluppo economico. A quell’epoca, dopo una carriera da alto funzionario della Camera, il futuro amministratore di Psc era stato reclutato come capo di gabinetto dai due ministri Cinque Stelle, prima Luigi Di Maio e poi di Stefano Patuanelli. Adesso invece Cozzoli dirige un’azienda di Stato come Sport e Salute e dovrà trovare il tempo per occuparsi anche del gruppo della famiglia Pesce.

Risale invece all’autunno scorso la discesa in campo della squadra targata Enel. Una squadra di pesi massimi, manager che hanno occupato posti in prima fila dell’organigramma dell’azienda a controllo pubblico. Fulvio Conti, classe 1947, da poco nominato vicepresidente di Psc, è stato al vertice di Telecom Italia (ora Tim) tra il 2018 e il 2019, ma prima ha lasciato il segno all’Enel come direttore finanziario dal 1999 al 2005 e poi sulla poltrona di amministratore delegato fino al 2014. A quei tempi il top manager poteva contare su due stretti collaboratori come Luigi Ferraris e Livio Gallo. E ora li ritrova entrambi nel consiglio di Psc, nominati a ottobre dell’anno scorso. Gallo, in particolare, fino all’estate del 2020 ha svolto a lungo un ruolo chiave nel gruppo pubblico dell’elettricità. Era lui il responsabile della rete di distribuzione del colosso pubblico dell’elettricità. Particolare importante: Psc si occupa di gestione e manutenzione delle infrastrutture e tra i clienti il primo della lista è proprio Enel, che vale una quota rilevante delle commesse, circa il 13 per cento.

Al secondo posto troviamo un altro gruppo di Stato come Fincantieri, che, come detto, è anche azionista dell’azienda romana. Se si considera anche Trenitalia, le tre società pubbliche valgono all’incirca la metà degli ordini di Psc. Questo però vale per il passato, perché i piani di sviluppo più recenti hanno virato sulle telecomunicazioni puntando fondi del Recovery Plan per la transizione digitale.

La scommessa si gioca sul rilancio di due aziende in grave difficoltà come Alpitel e Italtel. La prima, 600 dipendenti, sede in provincia di Cuneo, è stata acquisita da Psc alla fine del 2019, quando navigava tra debiti e perdite. Italtel invece, marchio storico dell’industria nazionale, è arrivata al capolinea del concordato e il gruppo guidato da Moretti, affiancato da Tim con una quota del 25 per cento, si è fatto avanti con una proposta per evitare il fallimento. L’offerta è già stata approvata dal tribunale di Milano e ora si attende il via libera dei creditori. Grazie a queste acquisizioni, il giro d’affari di Psc supererebbe di slancio i 600 milioni, a cui va aggiunta una rete di clienti e contatti di gran valore nel settore delle telecomunicazioni.

L’espansione però costa: Alpitel aveva oltre 20 milioni di perdite da ripianare e il piano di rilancio di Italtel prevede investimenti per 44 milioni. Entrambe le operazioni hanno comunque già trovato il sostegno delle banche. In prima fila Unicredit e BancoBpm, che sono i due istituti più esposti verso le due aziende in crisi e hanno quindi tutto l’interesse a evitare il crack. Un aiuto importante è arrivato anche dello Stato. Cassa depositi e prestiti ha infatti partecipato al finanziamento da 75 milioni concesso a Psc da Unicredit e BancoBpm insieme a Mps.

Se tutto andrà come previsto, la doppia acquisizione aprirà un capitolo nuovo nella storia del gruppo. Le casse pubbliche hanno fin qui fornito benzina per la crescita e tra poco arriveranno anche gli appalti del Recovery Plan. Resta da risolvere solo una grana milionaria. Una vertenza con Leonardo (ancora una società pubblica) nata da un appalto per la costruzione di uno stadio in Qatar in vista dei mondiali di calcio del 2022. Psc accusa la controparte di una serie di inadempienze e ha chiesto 360 milioni di risarcimento. La causa è in corso. Destino vuole che quando fu siglato quel contratto al vertice di Leonardo c’era Moretti, che ora guida Psc. Caso più unico che raro di un manager in conflitto con sé stesso.

Sorgente: Una poltrona per l’inquisito Mauro Moretti. Ecco l’azienda che recluta gli ex boiardi di Stato – L’Espresso

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20

Enjoy this blog? Please spread the word :)

RSS
Follow by Email
Facebook0
YouTube20
YouTube
Seguiteci su Telegram https://t.me/NuovaresistenzaBot