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Originario del Mali, era stato licenziato dalla cooperativa per cui lavorava nel maggio 2020 dopo aver denunciato quello che accadeva dentro la Rsa Palazzolo-Don Gnocchi dove sono morte 140 persone di Covid

Hamala Diop ha vinto. 26 anni, originario del Mali, era stato licenziato dalla cooperativa per cui lavorava nel maggio 2020 dopo aver denunciato quello che accadeva dentro la Rsa Palazzolo-Don Gnocchi (dove sono morte 140 persone di Covid): dal divieto di usare le mascherine, alla poca comunicazione sulla diffusione del virus nella struttura. Ora un giudice, a un anno di distanza, ha detto che raccontare quelle cose “era un dovere civico” ed ha annullato quel licenziamento perché “ritorsivo”.

Diop, che anno è stato questo per lei?

“È stato un inferno, sia fisicamente che mentalmente”.

 

 

 

Perché?

“Perché ho preso il covid e non sono più riuscito a trovare un lavoro. Il mio nome circola sul web legato a quella vicenda e nessuno mi ha più chiamato per lavorare”.

Quali erano le sue mansioni dentro la residenza?

“Ero un operatore sanitario, lavoravo per una cooperativa dentro la rsa Don Gnocchi. Mi occupavo di tutto quello che non facevano medici e infermieri. Dall’aiutare con il pranzo al fare compagnia agli ospiti”

Quando si è ammalato?

“A marzo, come la maggior parte dei miei colleghi. Sono stato positivo per tre mesi. Avevo dolori muscolari fortissimi, febbre e mal di testa lancinanti. Fino a dicembre ho avuto dei sintomi della malattia. Oggi sto bene, ma quando tornano i mal di testa sono forti come quelli”.

Come ha saputo del licenziamento?

“È successo a maggio, praticamente subito dopo la negativizzazione. Una mattina mi sono svegliato e il postino bussava alla porta: era una raccomandata con la lettera di licenziamento. In tronco. Non me lo aspettavo”.

Lei ha sporto denuncia con il supporto dell’avvocato Romolo Reboa e poi ha parlato con giornali e televisioni per dire quello che accadeva dentro la rsa. In tutto eravate 18 firmatari dell’esposto. Ai suoi colleghi cosa è successo? Vi sentite ancora?

“Alcuni erano a partita Iva e il contratto non gli è stato rinnovato, altri sono stati trasferiti. Ci sentiamo ancora, siamo consapevoli che era la cosa giusta da fare. Sono veramente felice che alcuni di loro abbiano fatto causa e abbiano vinto, con il reintegro”.

Quando ha denunciato ha ricevuto solidarietà?

“Sì, moltissima, ad alcune persone non sono neanche riuscito a rispondere. Sinceramente non me lo aspettavo. Alcuni parenti degli anziani nelle rsa mi hanno cercato su Facebook e mi hanno scritto. Qualcuno si è fatto dare il mio telefono per chiamarmi e ringraziarmi a voce perché mi ero fatto avanti e avevo parlato”.

Che cosa ha imparato da tutta questa vicenda?

“Ad essere paziente. Lo ero anche prima, ora lo sono ancora di più”.

Adesso sta lavorando?

“Non ancora, ma da quando è arrivata la sentenza le cose vanno un po’ meglio. Almeno faccio dei colloqui”.

Rimarrà nello stesso settore?

“Mi piacerebbe, perché è il lavoro che amo. Ma al momento sto cercando anche altrove, come operaio, come autista o a un front desk”.

Diop, tornando indietro rifarebbe tutto?

“Assolutamente sì. Penso che sia giusto, forse è perché sono stato educato in questo modo: se vedo una cosa che non va bene devo dirlo, non posso stare zitto. E anche un giudice ha scritto che era la cosa giusta da fare. Noi avevamo i nostri doveri, i datori di lavoro avevano i loro. E non li hanno rispettati”.

Ha fatto qualche errore?

“Forse solo quello di fidarmi troppo, all’inizio”.

Sorgente: Reintegrato dopo il licenziamento per aver denunciato epidemia al don Gnocchi, Diop: “Rifarei tutto, era giusto così” – la Repubblica

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