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Dopo i casi raccontati da Repubblica e Politico negli ultimi giorni, ora anche il Guardian si occupa della “drammatica e umiliante esperienza subita da altri cittadini europei”: fermati, detenuti in carceri ed espulsi. Il governo Johnson: “Siamo nel giusto”

LONDRA – Si ingrossa il caso dei cittadini italiani ed europei detenuti alla frontiera britannica dopo la Brexit e portati addirittura in prigione fino all’espulsione, in caso di mancanza di visto lavorativo o della giusta documentazione. Dopo l’intervista della 24enne Marta Lomartire a Repubblica sulla sua inquietante esperienza a Londra e i casi simili di cittadini spagnoli e greci nei giorni scorsi raccontati da Politico, ora anche il quotidiano britannico Guardian si occupa della vicenda. E, con un articolo pubblicato oggi, racconta nuovi casi di europei presi, rinchiusi per ore/giorni in prigioni e poi espulsi dalle autorità di frontiera perché non autorizzati a varcare la frontiera del Regno Unito.

La storia di Marta purtroppo è capitata, a quanto si apprende, anche ad altri decine di italiani dal primo gennaio scorso, quando si è concretizzata la Brexit: arrivata lo scorso 17 aprile alla frontiera per fare la ragazza alla pari a Londra in casa di suo cugino, ma considerata migrante illegale “senza visto lavorativo” nell’era post Brexit e subito trasportata in un carcere vicino all’aeroporto di Heathrow. “Mi hanno sequestrato tutto”, ha rivelato Marta, “anche il cellulare per non divulgare foto o video. Poi la prigione: filo spinato, sbarre alle finestre. Sono scoppiata a piangere. Con me c’era anche una ragazza toscana, “detenuta da 5 giorni””. Oggi il Guardian invece parla della “drammatica e umiliante esperienza subita negli ultimi mesi da altri cittadini europei”, anche coloro che avevano colloqui di lavoro già fissati e che in teoria potevano entrare nel Regno Unito anche senza visto. Invece no: fermati, detenuti in questi centri di “rimozione” ed espulsi.

Oltre dieci cittadini europei, in grande maggioranza giovani donne, sarebbero state detenuti ed espulsi dopo essere atterrati all’aeroporto di Gatwick nelle ultime 48 ore. Alcuni di loro sarebbero stati spediti nel centro di detenzione Yarl’s Wood Immigration Removal Centre, in Bedfordshire, a due ore di auto dallo scalo e dove ci sarebbero stati anche contagi di Covid. Una di questi, una ragazza spagnola di nome Maria, appena fermata dalla polizia di frontiera si sarebbe offerta di tornare immediatamente in patria con un altro volo a sue spese, che sarebbe decollato di lì a poche ore. Ma gli agenti sono stati irremovibili: “Deve andare nel centro di detenzione Yarl’s Wood”. “Sono ancora sotto shock”, ha riferito la donna, “mi hanno tolto la libertà e non potevo rivolgermi nemmeno a un avvocato”.

Come capitato a Marta, anche a Maria e a un’altra ragazza basca, Eugenia di 24 anni, è stato sequestrato tutto fino al momento dell’espulsione, incluso lo smartphone, affinché gli ospiti di queste carceri siano impossibilitati a scattare foto del luogo. E come Marta, anche loro hanno incontrato nel centro di detenzione almeno una decina di altri cittadini europei detenuti, tra cui italiani, portoghesi, una francese e una ragazza ceca, “che era disperata”.

Alle domande di Repubblica e di altri giornalisti britannici stamattina, il portavoce di Boris Johnson ha dichiarato che “i cittadini europei sono nostri amici e vicini”, ma si è rifiutato di commentare i singoli casi individuali emersi in questi giorni. Downing Street non ha criticato i sequestri di cellulari e effetti personali ai cittadini Ue e nemmeno la “mano pesante” dei Ministero dell’Interno nella gestione di questi casi: “L’approccio che stiamo utilizzando è quello deciso in partenza. La maggioranza dei migranti non ha riscontrato problemi alla frontiera. Continueremo a lavorare in questo modo. Per coloro che vogliono entrare nel Regno Unito abbiamo diffuso il più possibile tutte le informazioni riguardanti i visti e la documentazione necessari. Quindi sanno che”, se non in regola, “potrebbero essere respinti”.

Il ministero dell’Interno britannico, che anch’esso non commenta sui singoli casi, ci ha risposto che “i cittadini Ue sono nostri amici e hanno il diritto di restare se residenti nel Regno Unito prima del 31 dicembre 2020. Chi è arrivato dopo, come ci chiedono i britannici, deve invece dimostrare di averne diritto e attenersi alle nostre nuove regole comunicate in ogni Paese Ue, nella propria lingua”. Sulle condizioni degli ospiti dei centri, l’Home Office ci ha rimandato a linee guida proprie della “detenzione” di individui. La Commissione Ue si è detta “preoccupata” per il trattamento dei cittadini europei.

Sorgente: Regno Unito, spuntano nuovi casi di italiani ed europei detenuti alla frontiera dopo Brexit: “Umiliati e sotto shock” – la Repubblica

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