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Valentina Bortolato: «Mi sono separata dalla mia compagna e le ho incontrate cinque ore in due anni e mezzo». L’Europa: riconosciuti solo i diritti delle coppie eterosessuali

Ancora una volta la Corte europea per i diritti umani «bacchetta» l’Italia sul tema delle famiglie omogenitoriali: «Non si tratta di una condanna — spiega l’avvocato Alexander Schuster —, ma il passo è in quella direzione». Il «fatto» esaminato dall’organismo giurisdizionale europeo è quello contenuto nel ricorso presentato da Valentina Bortolato, una donna di Padova che nel 2018 è stata «liquidata» via WhatsApp dalla sua compagna, madre biologica delle due figlie biologiche volute da entrambe. La rottura della relazione tra le due donne aveva determinato l’allontanamento delle bambine da Valentina Bortolato: «In due anni e mezzo sono riuscita a vederle meno di cinque ore e non viene intrapreso alcunché per porvi rimedio. Il Tribunale per i minorenni e la Procura tacciono da oltre un anno. Temo che si stia andando verso l’ennesima condanna della giustizia minorile italiana per incapacità di assicurare effettività a diritti riconosciuti solo sulla carta. E intanto — si sfoga Valentina — il tempo passa e le mie bambine non mi possono vedere né abbracciare. È ora che il Parlamento legiferi, come chiesto a gran voce dalla Corte costituzionale proprio con riguardo al mio caso».

L’avvocato Schuster
L’avvocato Schuster

«Omosessualità penalizzata»

La donna si era infatti rivolta al Tribunale di Padova, che aveva inviato il caso alla Corte costituzionale perché riteneva che il diritto dei bambini al rapporto con il secondo genitore andasse tutelato, evidenziando però un vuoto normativo che non lo permetteva. La Corte costituzionale aveva dunque certificato che il diritto italiano riserva ai figli nati dall’amore di due donne una «condizione deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati, solo in ragione dell’orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo», affermando chiaramente che «non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore». Da qui il ricorso alla Corte europea per i diritti umani. Valentina Bortolato non è la madre biologica delle due gemelline. Ma è comunque madre «intenzionale» e «sociale», due termini che l’avvocato Schuster spiega così: «Intenzionale nel senso che anche Valentina ha voluto iniziare con la madre biologica il percorso di fecondazione, non è che la condizione di madre è arrivata ex post ma è iniziata dalla volontà di entrambe. La condizione di madre sociale — continua Schuster — si riferisce invece al ruolo materno che si è svolto nella quotidianità fino al momento della rottura della relazione».

Italia, verso la condanna

Con la forza di queste argomentazioni, ma anche in forza di un diritto europeo ormai consolidato, il ricorso che ha portato la Corte a chiedere all’Italia spiegazioni: «Al governo viene chiesto di giustificare perché a Valentina non è dato rivolgersi ad un’autorità giudiziaria per ottenere il diritto di vedere le bambine. La Corte europea chiede perché le sia stato impedito di essere parte nel procedimento che riguarda proprio l’interruzione del suo legame con le figlie». Infine, la Corte affronta il tema più importante e chiede al governo di prendere posizione rispetto alla discriminazione lamentata da Valentina «in ragione dell’orientamento sessuale», evidenziando che l’Italia permette il riconoscimento dei figli nati da procreazione medicalmente assistita esclusivamente alle coppie eterosessuali. Per l’avvocato Schuster, «la comunicazione al governo segna una tappa importante»: «Non è ancora una sentenza di condanna — ribadisce il legale — ma è un passo in quella direzione, e ora c’è da sperare che il governo Draghi si muova prima della condanna che si profila all’orizzonte. È ora di abolire i tribunali per i minorenni ancora oggi retti da un regio decreto di epoca fascista — afferma Schuster — a favore di un giudice unico della famiglia e delle persone, efficace ed efficiente, che sappia dare piena tutela ai figli nati dall’amore delle coppie omosessuali, come chiesto dalla stessa Consulta».

Sorgente: Corriere del Veneto

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