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19 April 2024
0 8 minuti 3 anni

Nel Paese baltico la difesa aerea è affidata alla Nato. E da poche settimane agli italiani. Che quando scatta l’allarme salgono sugli F-35 per intercettare i Mig di Mosca e impedire che ostacolino i voli di linea. Siamo stati nella base di Amari, avamposto europeo, mentre il dirottamento bielorusso del volo Ryanair fa salire la tensione con il Cremlino

 

AMARI (Estonia) – In codice lo chiamano “alfa-scramble”: la sirena interrompe la vita della base, due piloti corrono sui caccia e partono in pochi minuti per intercettare gli aerei intrusi. Non è un’esercitazione. Gli uomini ai comandi non sanno cosa li aspetta. Sfiorano il muro del suono fino al momento in cui il punto sullo schermo radar diventa visibile e si trasforma in una sagoma: un bombardiere, un ricognitore o un cargo ma sempre e comunque russo. Quella sirena è stato il suono più angosciante della Guerra Fredda, quando la paura dell’apocalisse nucleare manteneva in equilibrio i rapporti di forza mondiali: ogni decollo poteva essere l’ultimo. Oggi invece gli “alfa-scramble” scandiscono la rapidità con cui aumenta la tensione tra la Nato e la Russia, un confronto sempre più caldo che ha la massima intensità nei cieli del Baltico, in quelle rotte dove ora si concentra tutto il traffico civile in fuga dalla Bielorussia.

 

Estonia, dove suona la sirena della guerra fredda tra Nato e Russia

guarda il video cliccando il link in fondo all’articolo

Qui ad Amari c’è l’aeroporto militare europeo più vicino al confine russo: dista duecento chilometri, meno di due minuti di volo supersonico. L’Estonia, nazione con solo un milione e 300mila abitanti, non ha un’aviazione e la difesa dei suoi cieli viene affidata a squadriglie della Nato. Da tre settimane a presidiare questo avamposto c’è un contingente italiano, che per la prima volta schiera a ridosso della frontiera russa quattro supercaccia F-35. Una presenza inedita, tecnologicamente superiore a qualsiasi velivolo di Mosca. Due F-35 sono sempre pronti a partire, con i missili aria-aria nella stiva e il cannone carico: piloti e tecnici restano di guardia notte e giorno, in turni di 24 ore, aspettando il suono della sirena. 

Scortando l’intruso

“Quando lo senti avverti una scarica: è il momento più adrenalinico della nostra vita. Indossi la tuta anti-gravità, casco e respiratore, poi salti in cabina contando i secondi”. Fabrizio è un maggiore del IV Stormo di Grosseto, un top gun con 1.700 ore di missione sugli Eurofighter: “Quando arrivi su, ti affidi a quello che hai imparato nell’addestramento. Ti avvicini all’intruso e segui le procedure di identificazione: ne segnali modello, nazionalità e matricola. Poi cerchi di capire se a bordo è tutto normale, se in cabina c’è qualcosa di insolito o noti altre problematiche”. Il suo reparto ha lasciato la Lituania a fine aprile, prima è stato anche in Estonia e in Romania. “Sul Baltico però gli alfa-scramble sono più numerosi: in otto mesi ne abbiamo affrontati una quarantina. Sempre voli militari non della Nato. Violano lo spazio aereo ma restano sulle acque internazionali, tenendo una velocità inferiore ai 600 chilometri orari. Noi li scortiamo fino al confine, per garantire che restino separati dal corridoio riservato al traffico civile”.

In gergo, questa attività si chiama “deconflittare”. Se gli aerei dovessero avere un atteggiamento ostile, ad esempio puntando verso le città, allora bisognerebbe obbligarli a cambiare direzione. Prima con i messaggi radio; poi con segnalazioni dirette all’equipaggio; infine muovendo le ali per mostrare i missili pronti al lancio. Ma non si è mai arrivati a questo punto. “In genere proseguono sulla loro rotta, senza incidenti. Diciamo che lo fanno con professionalità…”, conclude il maggiore Fabrizio. 

La minaccia di Kaliningrad

Ad Amari il primo allarme è suonato il 14 maggio. Un quadrimotore Antonov è entrato senza permesso nello spazio aereo estone, tenendo il trasmettitore spento: qualsiasi jet di linea avrebbe potuto ritrovarselo davanti. Gli F-35 lo hanno identificato, seguendolo a distanza ravvicinata mentre dirigeva verso la sua destinazione: Kaliningrad. Nel 1991 quando l’Unione sovietica si è dissolta e i Paesi baltici hanno proclamato l’indipendenza, un pezzo di Russia è rimasto schiacciato tra Polonia e Lituania: l’enclave di Kaliningrad; all’inizio oasi di floridi commerci tra Est e Ovest, poi trasformata in piazzaforte missilistica e fortezza avanzata dell’armata russa. Mosca ritiene che sia suo diritto mantenere i collegamenti e non comunica mai i piani dei velivoli che vanno e vengono da Kaliningrad: si comportano come se fossero in casa loro, ignorando le regole dell’aviazione internazionale.

 

Le piccole Repubbliche baltiche vivono questi voli come una minaccia. Qui, sul confine estremo della Nato e della Ue, il ricordo della dominazione sovietica non è remoto e il concetto di libertà è un valore molto concreto. L’occupazione della Crimea ha testimoniato come il Cremlino sia intenzionato a rimettere in discussione i confini e loro temono di essere il prossimo obiettivo. Proprio dal 2014 gli stormi della Nato hanno cominciato a schierarsi nel Baltico. Il clima di tensione è testimoniato dalle parole del ministro della Difesa lettone, Kalle Laanet, che ha accolto la squadriglia italiana sottolineando “la crescente aggressività russa”: “È importante che siate qui. Dimostrate la determinazione a difenderci, pronti a reagire a tutte le aggressioni”. 

Vedere senza essere visti

Ai tempi della Guerra Fredda il generale Alberto Rosso di alfa-scramble ne ha condotti parecchi alla guida degli F-104 Starfighter, caccia velocissimi che da Grosseto piombavano sulle Alpi in cinque minuti. Oggi però questi allarmi scattano molto più spesso. Rosso è il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e spiega l’importanza che le missioni baltiche hanno per la forza armata: “Stiamo imparando tantissimo da queste operazioni, dove c’è un’attività multinazionale in aria e a terra. Ci hanno confermato l’importanza della connettività: la differenza nasce dal formare un’unica rete, con lo scambio diretto di dati tra gli aerei”.

 

È uno dei primati degli F-35, all’esordio assoluto sul confine russo. “I nostri vicini orientali lo noteranno e siamo curiosi di capire come si comporteranno”, ha commentato il generale statunitense Jeffrey Harrigian, numero uno delle forze aeree della Nato. Nella base di Amari c’è una vigilanza serrata contro lo spionaggio: avieri armati restano giorno e notte accanto ai “supercaccia” e diverse installazioni sono schermate, con il divieto di introdurre qualsiasi strumento elettronico. Mosca è disposta a tutto per carpire i segreti dei velivoli più avanzati al mondo. Che per questo volano senza mostrare pienamente le loro capacità: radar, sensori, apparati di disturbo vengono usati in modalità ridotta, evitando di rivelare agli avversari frequenze e tattiche. La sfida più accesa è proprio su questo fronte: un duello invisibile di tecnologia da cui dipende il controllo del cielo. In fondo, non è altro che la regola bellica più antica: vince chi riesce a vedere senza essere visto. Solo che adesso sugli F-35 viene gestita con laser e intelligenza artificiale.

Sorgente: In Estonia, tra i piloti italiani che sentono la “sirena” della Guerra Fredda – la Repubblica

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