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La lotta. La manifestazione dei lavoratori stranieri e «invisibili». «Se non saremo ascoltati gli scioperi continueranno», promette il sindacalista Aboubakar Soumahoro

Giansandro Merli

Davanti al parlamento sono arrivati ieri asparagi e carciofi raccolti dai braccianti nelle campagne del sud Italia. A portarli i lavoratori agricoli con la pelle nera e senza diritti: gli «invisibili». Sono partiti in autobus dal Gran Ghetto di Rignano e Torretta Antonacci, le baraccopoli del foggiano in cui vivono in condizioni terribili. Sono stati raggiunti da delegazioni di Basilicata, Piemonte ed Emilia-Romagna. «Siamo qui per tutti gli altri che non sono potuti partire: migliaia di braccianti che si spaccano la schiena 10 ore al giorno, 30 giorni al mese», afferma Camara Foday. È nato in Gambia e ha 24 anni. «Io lavoro nelle campagne da sei anni, nel 2021 ho avuto il contratto per la prima volta: mi segnano 10 giornate in busta paga e il resto me lo danno in nero. Guadagno tre, quattro, cinque euro l’ora. Non è giusto farci lavorare così: né per noi, né per questo paese. I padroni non vogliono pagare le tasse e rifiutano di riconoscere i nostri diritti», continua. Accanto a lui un altro ragazzo mostra la busta paga mensile: in alto c’è scritto Inail, in basso 356 euro.

La protesta è stata lanciata il 26 aprile scorso dopo che a Foggia tre braccianti sono stati presi a fucilate mentre tornavano a casa, nel Gran Ghetto: Sinayogo Boubakar, cittadino maliano di 30 anni, ha perso un occhio. I manifestanti indossano magliette bianche e pettorine arancioni della Lega Braccianti, l’organizzazione creata dal sindacalista Aboubakar Soumahoro dopo l’uscita dall’Unione sindacale di base. «La politica non si vuole schierare per l’articolo 1 della Costituzione, che stabilisce che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, né per il numero 3, che impegna le istituzioni a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo della persona umana e alla partecipazione dei lavoratori», afferma Soumahoro. Fa tre richieste: permesso di soggiorno per emergenza sanitaria da garantire a tutti; certificazione etica della filiera del cibo per evitare lavoro nero e sfruttamento; vaccini per gli invisibili che non si sono fermati mai, neanche nei momenti più duri della pandemia.

Le prime due rivendicazioni sono state avanzate anche durante lo sciopero del 21 maggio 2020, che ha paralizzato la raccolta nel foggiano, e davanti all’ex premier Giuseppe Conte, incontrato un mese dopo grazie a una protesta di fronte agli Stati Generali. Il 6 luglio scorso, poi, centinaia di braccianti hanno raggiunto Roma per gli «Stati Popolari» organizzati da Soumahoro. Quel giorno si era data una convergenza tra associazioni che si battono per i diritti civili, movimenti ecologisti, Non Una Di Meno, precari, rider, operai di vertenze come Whirlpool o ex Ilva. Una convergenza che però non ha avuto seguito: nella piazza di ieri i braccianti erano soli. Nel frattempo Soumahoro ha annunciato l’intenzione di candidarsi per portare in parlamento la voce degli invisibili. Ancora non si sa con quale forza politica.

Durante la protesta si è sollevato ripetutamente il coro: «Libertà, libertà». Questa parola ha attraversato tutte le mobilitazioni dell’ultimo anno, assumendo ogni volta significati diversi. Per negazionisti e No Vax rappresentava la pretesa di non rispettare le misure anti Covid. Per i ristoratori la volontà di tornare presto a lavorare. Per i braccianti la declinazione è estremamente materiale. «Siamo stanchi. Chiediamo al governo di darci la nostra libertà, di riconoscerci il permesso di soggiorno. Ci serve per avere un medico di base, un salario dignitoso con cui pagare l’affitto e non essere costretti a vivere nel ghetto. Regolarizzare i migranti serve anche all’Italia, per combattere l’evasione fiscale. Vogliamo essere trattati da esseri umani», dice Eva, che ha 48 anni ed è nata in Camerun.

L’ultima sanatoria non ha risposto ai bisogni dei lavoratori agricoli (l’85% delle 207mila richieste è venuta da colf e badanti) e comunque dopo un anno quasi nove pratiche su dieci sono ancora in attesa. I braccianti hanno chiesto un incontro al premier Mario Draghi. «Se non saremo ascoltati, gli scioperi continueranno», ha promesso Soumahoro.

Sorgente: I braccianti davanti al Parlamento: «Diritti, salario, accesso alla sanità» | il manifesto

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