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La prima si chiamava Lenuta Lazar. Veniva dalla Romania, in Italia si prostituiva da un mese. Aveva 31 anni, Lenuta, i capelli con le meches bionde, le sopracciglia curate, un sorriso dolce. È stata uccisa la notte del 2 gennaio 2012 da Sergio Rubini, 31 anni, che prima l’ha straziata con 23 coltellate poi si è disfatto del corpo gettandolo da un ponte nel canale dove era solito andare a pescare. Lenuta è stato il primo nome della Spoon River delle donne del Corriere, il primo dei mille femminicidi che contiamo oggi dal 2012. Ed è per certo un numero per difetto. L’idea di creare un “osservatorio” che monitorasse un fenomeno le cui cifre sono impressionanti, è nata dall’impegno delle giornaliste di La27ora. Perché le vittime della violenza di genere non fossero solo un numero ma un monito. A non dimenticare.

Oltre la violenza

 

Non possiamo dire «Non mi riguarda»: in Italia ogni tre giorni una donna viene ammazzata da un marito, da un compagno, da un ex che non si rassegna a essere tale. Nove anni di femminicidi. Di donne uccise in quanto donne. Nove anni di violenza di genere inflitta con spietata determinazione allo scopo di annientare, cancellare, distruggere. Con lo stalking, le botte, le minacce. Uomini “maltrattanti”. Padri, fratelli, figli, mariti e fidanzati. Ex. Che picchiano e uccidono con ogni cosa a loro disposizione. Ottanta colpi di mattarello per Stefania Cancelliere, 39 anni, mamma di tre bambini: a ucciderla, il 28 giugno 2012, l’ex marito Roberto Colombo, medico oculista. Proprio così, medico oculista. Perché la violenza di genere non conosce differenze di ceto, età, cultura e confini geografici: è un fenomeno trasversale. Fortuna Bellisario, 36 anni, dopo anni di sevizie è stata massacrata dal marito Vincenzo Lopresto, 41 anni, con una stampella ortopedica. Fatima Zeeshan, 28 anni, era all’ottavo mese di gravidanza: il marito Mustafa, 38 anni, l’ha riempita di calci e pugni e poi l’ha strangolata. Stessa sorte è toccata a Jennifer Zacconi, 22 anni: quattro giorni prima della data prevista per il parto, l’uomo con cui aveva una relazione, Lucio Niero, 34 anni, sposato e padre di due figli, l’ha massacrata di botte; poi le ha messo le mani al collo e l’ha strangolata. Pensando fosse morta l’ha seppellita in una buca, saltandole a piedi uniti sulla schiena fino a spezzarle la colonna vertebrale. L’autopsia ha rivelato che Jennifer respirava ancora quando è stata coperta di terra.

Rosalia Garofalo, 54 anni, è stata uccisa «come una pecora da macello»: tre giorni di botte e sevizie fino a che il marito, Vincenzo Frasillo, che lei aveva denunciato per violenze salvo poi ritrattare per paura, non si è deciso a chiamare i soccorsi. Troppo tardi. »Mi ha picchiata per cinquant’anni» sono state le ultime parole sussurrate da Concetta Di Pasquale, 78 anni, uccisa a bastonate dal marito Salvatore Plumari, 92 anni. In casa di Maila Beccarello, 37 anni, il sangue era ovunque: sulle pareti, nelle stanze, nel bagno. Sul referto dell’autopsia il medico legale ha scritto che il marito, Natalino Boscolo Zemello, 35 anni, l’ha uccisa con «violenza estrema e reiterata»: non solo calci e pugni ma anche coltellate e bastonate. Una lite cominciata in giardino e finita tra le mura domestiche dove Maila ha cercato invano riparo: aveva fratture alle costole e al cranio, il naso rotto, lividi su tutto il corpo, una emorragia in testa. Un massacro da macelleria messicana: Maila è stata colpita anche con un coltello da cucina che le ha provocato ferite sulla coscia e a una mano.

Riuscite a immaginare tanto orrore? La sofferenza indicibile di queste donne? Avrebbero potuto essere salvate? Nove anni di brutalità insopportabili. Storie che fanno stare male solo a leggerle. Ci sono stati giorni in cui aggiornare questa Spoon River infinita ha rappresentato un compito impossibile da portare a termine. Cercare le foto delle donne uccise per dare loro una identità: un volto, non solo un nome e una data di morte. Quasi tutte nelle immagini sorridono, certe di avere davanti a sé un futuro, non una fine barbara. Noemi, uccisa a 16 anni dal “fidanzatino” 17enne, Lucio Marzo: picchiata, presa a sassate, una coltellata sferrata alla nuca con tale violenza che la punta della lama è rimasta conficcata nel cranio. Era ancora viva quando il suo aguzzino l’ha sepolta sotto alcuni massi: «asfissia per compressione toracica» è stato l’esito dell’autopsia.
Picchiata, seviziata, infine strangolata: è morta dopo una notte di brutalità inaudite Eleonora Perraro, 43 anni. A ucciderla suo marito Marco Manfrini, 50 anni: dopo averla massacrata si è addormentato e al risveglio non ha saputo spiegarne il decesso. Lo ha chiarito l’esame del Dna sui pezzi di dentiera di Manfrini, che ha preso a morsi sul volto e sul cranio la moglie con una violenza tale da perdere la protesi. Incastrati tra i denti dell’assassino anche dei bulbi piliferi di Eleonora. Donne, ragazze, bambine. Un elenco senza fine. Una strage che dobbiamo fermare.

Sorgente: 1000 i femminicidi raccontati in nove anni da La27ora- Corriere.it

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