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La denuncia nell’ultimo rapporto dell’ong Land Matrix. Su questa superficie più grande dell’Italia gruppi asiatici, europei, emiratini, libanesi e americani sfruttano principalmente le foreste. Creando grandi rischi per l’ambiente

di Pietro Del Re

A chi appartiene l’Africa? E’ una domanda lecita guardando i dati dell’ultimo rapporto dall’organizzazione non governativa Land Matrix secondo cui negli ultimi vent’anni 35 milioni di ettari del continente (l’Italia ne conta un po’ più di 30 milioni) sono stati ceduti a società straniere. E’ altrettanto lecito chiedersi chi sono questi investitori, dove investono e che cosa producono. Dal 2000, società cinesi, emiratine, libanesi, europee e americane hanno acquistato, spesso a prezzi al di sotto del valore di mercato, enormi aree coltivabili. Va detto tuttavia che queste transazioni, il cui apice s’è prodotto poco dopo la grande crisi alimentare del 2008, hanno spesso consentito ai Paesi africani di provvedere alle carenza di cibo, di svilupparsi, di industrializzare l’agricoltura e di ridurre la povertà, producendo risorse e creando posti di lavoro (nel 15 % dei contratti c’è una clausola che prescrive l’utilizzo di mano d’opera locale).

 

 

L’impatto sulle economie dei diversi Paesi coinvolti non è stato ovunque lo stesso. In molti casi, gli investimenti sono stati redditizi e hanno prodotto benessere e ricchezza presso le comunità grazie all’aumento dell’impiego e all’offerta di formazioni professionali. Altrove, però, nei casi in cui alle popolazioni vengono riconosciuti scarsi diritti fondiari, l’acquisto di grosse superfici di terreno ha spinto chi le lavorava da secoli ad abbandonarle, e ha prodotto, sempre secondo l’ong, una cinquantina di conflitti armati.

 

 

Non solo: firmate per una durata media di trent’anni, queste concessioni possono avere conseguenze devastanti sull’ambiente, dall’usura del suolo a lungo termine quando le coltivazioni sono di tipo intensivo, alla massiccia deforestazione com’è accaduto nel Bacino del Congo. Ora, gli investimenti in Africa si concentrano soprattutto sullo sfruttamento delle foreste, su circa 15,7 milioni d’ettari, la metà dei quali si trova in Repubblica Democratica del Congo. Adesso però i nuovi protagonisti non sono più gli ex colonizzatori europei di una volta bensì grossi gruppi finanziari asiatici, soprattutto cinesi. Di conseguenza gran parte del legno africano è oggi esportato verso l’Asia. L’arrivo di queste aziende asiatiche fa temere una deforestazione in tutta l’Africa centrale, com’è già accaduto nel Sud-est asiatico, dove le foreste sono state bruciate o distrutte con la motosega senza nessun rispetto delle norme vigenti, e dove negli spazi vuoti ottenuti sono stati piantati alberi a crescita rapida per l’industria del mobile e palme da olio.

 

 

Negli ultimi vent’anni, che si tratti della coltivazione di piante per biocarburanti, fiori, soia o sorgo, sono circa ottocento i contratti firmati tra le società straniere e gli Stati africani. A questi se ne aggiunge un centinaio in corso di stipulazione. Ora, nel 92% dei casi, queste transazioni fondiarie sono state realizzate da società private e la metà dei progetti sono destinati quasi esclusivamente a produrre merci d’esportazione.

 

 

 

 

Del centinaio di progetti che non sono andati in porto o che sono stati lasciati a metà, più della metà riguarda i biocarburanti, in particolari quelli a base di jatropha, arbusto che cresce su terreni aridi e dal cui seme ricco di olio è facile ottenere biodiesel. Considerata una decina d’anni fa la regina dell’oro verde, di questa pianta nacquero immensi progetti di coltivazione in Etiopia e in Madagascar. Ma i suoi rendimenti si sono rivelati molto al di sotto delle aspettative, il che ha provocato il fallimento di numerose aziende. Ma ciò è anche servito a spingere alcuni Paesi a votare nuove leggi per proteggere le loro terre e le loro comunità locali. E’ accaduto in Etiopia nel 2013 e in Ghana nel 2019. E’ accaduto anche in Gabon, dove per ridurre drasticamente il tasso di deforestazione e dove gli stranieri sfruttano ciclopici agrumeti, è stata annunciata tre anni fa una legge secondo che prevede che ogni nuovo investimento forestale sia soggetto a una serie di regole molto restrittive.

 

 

Sorgente: Chi si è mangiato l’Africa: in 20 anni ceduti a società straniere 30 milioni di ettari di terra – la Repubblica

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