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Minneapolis sotto assedio per il timore di scontri razziali. Chicago e Washington pronte a schierare la Guardia Nazionale: si teme che la protesta possa allargarsi

di Laura Zangarini

Tre settimane di audizioni, 46 testimoni, tra cui una bambina, e la continua riproposizione delle ultime immagini da vivo di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni, morto a Minneapolis, in Minnesota, il 25 maggio 2020, nel corso dell’arresto da parte della polizia. Ora l’America aspetta il verdetto con il fiato sospeso. Sul banco degli imputati l’ex poliziotto Derek Chauvin, 44 anni, che deve rispondere di tre capi di imputazione: omicidio di secondo grado, omicidio di terzo grado e omicidio preterintenzionale. Nell’ultima giornata di dibattimento, l’accusa, portata avanti dal procuratore Steve Schleicher, ha concentrato la requisitoria su quegli interminabili 9 minuti e 29 secondi in cui l’agente ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di Floyd, steso per terra, a faccia in giù, le mani bloccate dietro la schiena con le manette.

I giurati dovranno decidere se queste tre settimane di processo hanno stabilito che il poliziotto avesse o no la consapevolezza di uccidere Floyd. Secondo l’accusa, sì. Secondo la difesa, no. Tra omicidio preterintenzionale e omicidio per «negligenza del rispetto per la vita», i giurati dovranno prendere una posizione. Quando la annunceranno? Potrebbero volerci ore o giorni. L’attesa per la sentenza è molto alta. Minneapolis è blindata. A decine, fuori dal Tribunale, aspettano la sentenza. Le famiglie di Floyd e di Daunte Wright, ucciso «per errore» l’11 aprile, a 20 anni, dall’agente di polizia Kim Potter, convinta di aver estratto il taser — la pistola che rilascia scariche elettriche — e non la pistola, hanno tenuto una veglia di preghiere. Da più parti sono arrivati appelli a lasciare da parte la violenza. C’è il timore che, in caso di assoluzione, possano scoppiare incidenti non solo a Minneapolis ma in altre città degli Stati Uniti.

 

A New York il dipartimento di polizia ha preparato un piano straordinario di intervento; Chicago e Washington si preparano a schierare la Guardia Nazionale; Minneapolis è già blindata. Joe Biden sta valutando la possibilità di un discorso alla nazione, secondo quanto riportano i media americani citando alcune fonti. La Casa Bianca, attraverso la portavoce Jen Psaki, ha preso in considerazione che «possa esserci spazio per proteste pacifiche», come se nell’aria ci fosse la sensazione che i dodici giurati potrebbero assolvere Chauvin. In un caso o nell’altro, la sentenza creerà tensioni. L’America è in attesa. Il giudice Peter Cahill, nel congedare i giurati, li ha invitati a decidere «senza pensare alle conseguenze del loro verdetto».

«Le sue ultime parole — ha detto il procuratore — sono state “per favore, non respiro”. Floyd non stava facendo del male a nessuno, non voleva fare male a nessuno. Questo — ha aggiunto — non è un processo alla polizia, è il processo a un imputato. E per la buona polizia non c’è niente di peggio di una cattiva polizia». Il legale di Chauvin, Eric Nelson, ha sostenuto come «la mossa del ginocchio non fosse non autorizzata», nonostante molti poliziotti e addestratori, chiamati a testimoniare, abbiano detto il contrario. L’avvocato ha puntato sulla dipendenza di Floyd dagli oppioidi, legando la morte a una cattiva condizione dei polmoni, già logorati dalla droga. I dodici giurati, di cui quattro afroamericani, si sono ritirati in camera di consiglio: devono raggiungere l’unanimità su un verdetto: colpevole o innocente. Ogni capo di imputazione verrà giudicato singolarmente. Chauvin può essere condannato, o assolto, per uno, due o tutti e tre i reati. Rischia da un minimo di dieci anni a un massimo di settanta che, nel suo caso, equivarrebbe a un ergastolo.

Sorgente: Caso Floyd, timori di scontri dopo il verdetto: Biden valuta discorso alla nazione- Corriere.it

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