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Un luogo dei diritti e della sicurezza generato dall’incontro tra diverse realtà: sindacato, associazioni, istituzioni. Il primo esperimento del genere in Italia

MATTIA CARPINELLI E DAVIDE COLELLA
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Un luogo dei diritti e della sicurezza generato dall’incontro tra diverse realtà: sindacato, associazioni, istituzioni. Il primo esperimento del genere in Italia

Per i rider a Napoli le zone rosse ci sono sempre state, anche prima del Covid. “Fare il rider a Napoli – racconta Vincenzo Bogliolo, 25 anni, rider di JustEat da due, padre di un bimbo di cinque – è pericoloso. Soprattutto in quelle che noi chiamiamo “zone rosse”, quei quartieri della città dove è più forte il tasso di criminalità”. Dall’inizio dell’anno sono almeno cinque gli episodi di aggressione che sono stati denunciati. L’ultimo a Miano, popoloso quartiere a nord di Napoli, dove un rider di 26 anni è stato accoltellato ad un polmone ed è stato ricoverato all’ospedale “Cardarelli”. In quella stessa sera, un altro rider 28enne è stato aggredito e derubato dello scooter. Dal 29 marzo per Vincenzo, e per i rider napoletani che ogni giorno girano in lungo e in largo una delle città più grandi del Sud c’è anche una “zona verde”.

È la Casa del Rider, la prima esperienza in assoluto sperimentata in Italia, nata dall’incontro tra diverse realtà: sindacato, associazioni, istituzioni. #CasaRider, come è già stata ribattezzata con tanto di hashtag, è ospitata all’interno della Bycicle House, una ciclofficina situata all’interno della bellissima Galleria Principe, nel cuore della città, gestita dall’associazione Napoli Pedala. É uno spazio aperto e condiviso, dove i rider potranno depositare la propria bici o lo zaino, studiare, lavorare, ma soprattutto sarà un luogo dei diritti e della sicurezza.  “L’idea – spiega Antonio Tempesta di “Napoli Pedala” – nasce dalla necessità di far convivere due esigenze: quella dei consumatori di avere un servizio – cibo a domicilio – con quella dei rider di avere un luogo, uno spazio di condivisione dove trascorrere del tempo in sicurezza, far riparare la propria bici, ricevere assistenza legale e fiscale o, semplicemente, per bere una birra tra una consegna e l’altra”.

 

 

Qui entra in gioco la collaborazione con Nidil Cgil Napoli e Inail Campania, insieme “per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei rider” spiega Antonietta Perna, segretaria generale Nidil Cgil Napoli. “Noi offriremo assistenza e consulenza legale e fiscale sui contratti, li aiuteremo a leggere una busta paga, a difendersi per vedere riconosciute le tutele individuali e collettive. Inail Campania, invece, supporterà i rider sul piano della sicurezza, fornendo dei kit di sicurezza composti da ginocchiere e caschetti. Col tempo – aggiunge – metteremo in campo anche altre iniziative, dai corsi di ciclofficina a quelli di formazione, partendo dalla sicurezza”.

“Un hub fisico dove trovare riparo ma anche dove condividere esperienze e informazioni. Un luogo di coworking sociale e solidale – spiega Cinzia Massa, segretaria Cgil Napoli e Campania – dove potersi anche formare sui temi della sicurezza. È il frutto di una sinergia importante tra più soggetti. Fare sistema è la strada per vincere la sfida di una società più giusta, dove valgono il lavoro, i diritti, la legalità, occorre fare sistema”. Napoli, ricorda il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci “è una città dalla grande umanità ma anche una città dalle grandi contraddizioni e disuguaglianze. Qui sono almeno 2mila rider che ogni giorno girano la città in lungo e in largo per consegnare cibo da asporto, soprattutto in questo anno di pandemia. Tuttavia, resta un lavoro precario, quindi vanno difesi e tutelati al meglio. Le difficoltà che affrontano quotidianamente ci impegnano moralmente e sindacalmente a sostenere le loro rivendicazioni”.

Sperimentando anche un nuovo modo di fare sindacato, sempre più “di strada” e in “strada”. “Questo spazio – ha detto Andrea Borghesi, segretario generale Nidil Cgil nazionale – è un’esperienza straordinaria e pioneristica in Italia. La condizione di lavoro e di sicurezza, di salario e di diritti è da anni piuttosto complicata. Condizioni che si sono aggravate nella pandemia, con questi lavoratori chiamati a svolgere ruoli quasi essenziali ma senza che ce ne fossero le condizioni. Viviamo in condizioni di autonomia contrattuale, anche se alcune sentenze dicono che il loro lavoro in realtà si svolge come collaboratore organizzato quando non da lavoratore dipendente. Un periodo che però ci ha visto protagonisti, partendo dallo sciopero del 26 marzo e le altre iniziative per la conquista dei diritti”.

Sorgente: A Napoli nasce la casa del rider – Collettiva

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