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Oggi il premier visiterà l’hub di Fiumicino. Anche Speranza si confronta con il collega danese. E dall’Ema arriva il sì a Johnson&Johnson

DI TOMMASO CIRIACO, ALBERTO D’ARGENIO

ROMA – Luci e ombre. Angoscia e speranza. Mario Draghi incassa la pessima notizia del blocco precauzionale di un lotto di AstraZeneca chiedendo a tutti “nervi saldi”. Significa innanzitutto battersi per far capire che il vaccino è sicuro, come garantisce l’Ema. Significa anche assicurare che la campagna non si fermerà. Ma soprattutto spendersi per soffocare quel “senso di diffidenza” che potrebbe complicare l’immunizzazione di massa. Due, in particolare, sono i rischi che preoccupano in queste ore i vertici dell’esecutivo. Il primo è che cresca nell’opinione pubblica la resistenza a vaccinarsi. Il secondo è che eventuali indagini giudiziarie sul personale sanitario – ad esempio su un’infermiera che somministra la dose, oppure sui medici – scoraggino chi è impegnato in questa corsa contro il tempo.

Che sia la battaglia su cui si gioca il successo o il fallimento dell’azione di Draghi lo si intuisce anche dalla celerità con cui l’esecutivo prova a rilanciare la fiducia nel vaccino. Roberto Speranza chiama il ministro della Sanità danese, che ha imposto lo stop ad AstraZeneca per chiarire le cause di un decesso. I due accertano che si tratta di due lotti differenti. Nel frattempo, si attiva la tela diplomatica. Mario Draghi telefona a Ursula von der Leyen. Il messaggio della presidente della Commissione europea è rassicurante, visto che secondo l’Ema “non c’è alcuna evidenza di un nesso tra i casi di trombosi registrati in Europa e la somministrazione” del vaccino anglosvedese. La stessa Agenzia del farmaco sostiene che al momento la vaccinazione può continuare, salvo lecite scelte più restrittive dei governi, in quanto “i benefici del vaccino continuano a superare i rischi”. Per l’Autorità Ue, insomma, le morti potrebbero essere casuali, legate a patologie preesistenti e mai diagnosticate. E anche i numeri spingono a conclusioni non allarmanti, visto che i 30 casi sospetti (su 5 milioni di vaccini AstraZeneca già iniettati) vengono giudicati da Bruxelles in linea con l’incidenza della trombosi sulla popolazione generale. Che è, anzi, statisticamente leggermente superiore. Per fugare ulteriori dubbi, comunque, l’Ema ha già avviato un esame d’emergenza per rivedere ogni decesso sospetto. Tutte le autorità nazionali dell’Unione sono già state contattate e dovranno fornire i risultati delle autopsie, mano a mano che saranno disponibili.

Il responso dell’agenzia dovrebbe arrivare già la prossima settimana. Rapido, per frenare una potenziale psicosi. Ciononostante, Draghi dovrà gestire fin dalle prossime ore un enorme problema di comunicazione. Il timore è quello di “macchiare” la campagna. Peggio: di smarrire quella spinta che ha portato finora gli italiani ad aderire all’opzione vaccino con tassi migliori di altri partner come Francia e Germania.

Il premier si prepara allora a intervenire oggi pomeriggio nell’hub vaccinale di Fiumicino. Ancora niente domande della stampa, pare. Ma un discorso che doserà i due registri prevalenti in queste ore così complesse. Quello del “sacrificio” richiesto nelle prossime settimane di lockdown. E quello della “speranza” per i vaccini. Perché è evidente ormai a tutti che il mese di marzo si preannuncia di difficilissima gestione. Lo dicono i dati affluiti dalla periferia negli ultimi giorni. Prevedono almeno tre settimane durissime. Annunciano una forte sofferenza delle terapie intensive e un picco di contagi. E costringono Palazzo Chigi a mettere gran parte dell’Italia in zona rossa.

Draghi avrebbe voluto far coincidere queste chiusure con la campagna di massa. Il piano resta, ma resta anche una sfasatura temporale tra il lockdown duro di marzo e l’afflusso consistente di dosi che, si spera, dovrebbe accelerare da aprile. Con un Paese esausto, non è un dettaglio. Il premier, consapevole dell’enorme attesa della popolazione, non intende promettere nulla che non sia già attuabile. Ma è pronto a garantire che sta spendendo e spenderà ogni energia per assicurarsi numeri certi su consegne e dosi. L’obiettivo è bilanciare il messaggio che porterà oggi stesso in pubblico: un ultimo sforzo, in vista di un’imminente accelerazione nella vaccinazione di massa. È lo stesso sforzo che richiede alle Regioni, a cui sollecita “omogeneità” anche nella comunicazione.

Qualche segnale positivo, a dire il vero, si è registrato anche ieri. Il vaccino Johnson & Johnson ha ricevuto l’autorizzazione dell’Ema. E dopo l’annuncio di ritardi nelle consegne, la Commissione europea fa sapere di essere in contatto con l’azienda per provare ad assicurare almeno parte degli ordini. Certo, la conferma del blocco delle esportazioni sul vaccino ribadita dagli Stati Uniti non aiuta. Ma colloqui informali fanno sperare di riuscire a contenere il danno nel secondo trimestre, magari limitando il taglio al 30% del totale. Difficile, però, che la gran parte delle dosi arrivi già ad aprile.

Sorgente: Vaccini ritirati, Draghi sente Von der Leyen: “Nervi saldi, andiamo avanti” | Rep

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