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di Vincenzo Iurillo

Colpito dalla querelite cronica nei confronti del Fatto Quotidiano e di chiunque nomini invano il suo nome, Matteo Renzi si sta aggravando. È infatti arrivato all’ultimo stadio: quello di non sapere più a chi sta chiedendo i danni. Confonde le persone. Non si districa tra le omonimie. Spara a casaccio. Sbaglia bersaglio. E il proiettile rimbalza come nei cartoni animati di Willy il Coyote e gli ritorna indietro.

È accaduto in una delle numerose azioni legali intentate contro di noi. Citazione civile nei confronti della società editoriale, del direttore e di tre giornalisti del Fatto. Tra i quali la nostra valida Ilaria Proietti, cronista del settore politico. Nata nel 1973 e non nel 1974 come l’omonima collega di altra testata che si è vista recapitare a casa la busta verde, gravido presagio di noie legali che tutti preferiremmo evitare. Immaginiamo la scena. Lo stupore. Poi magari la rabbia, chissà, noi ci saremmo arrabbiati di brutto al suo posto.

“Cosa c’entro io col Fatto e con gli articoli oggetto della causa”, si sarà chiesta la signora Ilaria Proietti omonima. Che, correttamente, ha nominato degli avvocati che la traghettassero fuori da questo impiccio immeritato.

A questo punto va aperta una parentesi. L’equivoco non ci sarebbe stato se la citazione fosse stata notificata soltanto alla sede del giornale (e sarebbe stata valida comunque). Renzi però preferisce far notificare ai domicili privati dei giornalisti. Così forse i loro vicini di casa possono assistere alle procedure di consegna della citazione legale.

Parentesi chiusa. E chiuso anche il processo per l’Ilaria Proietti omonima: il giudice ha condannato Renzi a rimborsarle le spese legali sostenute, quantificate in 4.700 euro, da pagare subito.

Una bastonata alla quale i legali dell’ex premier hanno provato invano a sottrarlo con motivazioni davvero singolari: le Ilaria Proietti iscritte all’albo dei giornalisti sono quattro (vero), e quelle che lavorano al Fatto Quotidiano sono due (falso, ce n’è una sola). E allora? Anzi, secondo il giudice proprio le omonimie avrebbero dovuto indurre Renzi a verificare con scrupolo chi stava chiamando in causa. Se guarirà dalla querelite, farà più attenzione la prossima volta.

Sorgente: Matteo querela la giornalista sbagliata: ora deve pagare 4700 euro – Il Fatto Quotidiano

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