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“Sono salito a cavallo di una tigre, non pensavo mai che corresse così forte”. C’è un uomo a Roma, all’hotel Excelsior, suo quartiere generale, che medita di lasciare la capitale e di rifugiarsi all’estero. È il febbraio 1981, sei mesi dopo la strage di Bologna e quell’uomo si chiama Licio Gelli. È un personaggio divenuto potente che si è lasciato alle spalle le umili origini. Ma un potente da retropalco, nonostante da qualche anno sia nel mirino dei settimanali Panorama e L’Espresso.Il 5 ottobre 1980, però, esce allo scoperto e concede un’intervista al più importante quotidiano nazionale, Il Corriere della Sera, rispondendo alle domande di un giornalista ai tempi poco più che quarantenne, Maurizio Costanzo. Nessuno – o quasi – sa che il giornale, ormai, è nelle mani di Gelli e che Costanzo è iscritto alla sua loggia, la P2. Righe fittissime, quelle dell’intervista, al termine delle quali, dopo aver disquisito di democrazia, fagioli e pena di morte, Gelli risponde a una domanda: da bambino cosa avrebbe voluto fare da grande? “Il burattinaio”.VEDI ANCHELa Confessione (Nove), Gomez a Costanzo: “Si scoprì che era nella P2 e si diede del cretino”. “Sono stato un superficiale”Licio Gelli nasce a Pistoia il 21 aprile 1919 da una famiglia di modesta estrazione e fin da giovanissimo punta a una vita più agiata e avventurosa. Così, nel 1936, va a combattere in Spagna, al fianco delle truppe schierate con il dittatore Francisco Franco. Negli anni della seconda guerra mondiale veste una divisa fascista e poi, dopo l’8 settembre 1943, collabora con i nazisti. Ma il giovane Gelli è uno sveglio e capisce che il collasso del Terzo Reich è inevitabile. Così contatta i partigiani e in qualche caso si attiva per evitare loro arresti e rappresaglie. [Continua …]

Sorgente: Licio Gelli, l’aspirante burattinaio salito a cavallo di una tigre – Il Fatto Quotidiano

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