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Il clamore suscitato da una lezione ed un esercizio in classe in cui è stata coinvolta una nota canzone di Bello Figo sembra decisamente immotivato: se ne è parlato sui giornali locali, è stato coinvolto l’Ufficio scolastico provinciale, l’On. Bignami ha addirittura rivolto un’interpellanza parlamentare al Ministro Bianchi. Si è parlato di cattive influenze sui ragazzi, dell’assenza di un contesto nell’attività didattica, di pessima qualità dei contenuti proposti. Ce n’è veramente motivo o forse dobbiamo scavare per cogliere le vere ragioni di una così grande mobilitazione?La vicenda è stata presentata come se l’ascolto della canzone fosse frutto di un’improvvisazione della docente, come se ci fosse un intento un po’ naif di fondo, senza alcun tipo di spirito critico. Noi sappiamo che è esattamente il contrario, perché conosciamo la collega e la sua lunga esperienza di docente. Non è qui il punto però: si tratta infatti dell’ennesima occasione in cui si cerca di far passare un’insegnante come una sprovveduta, mettendo in discussione la professionalità e l’autonomia di noi docenti. È un gioco facile del resto: basta estrapolare un’attività dal suo contesto per avere questo effetto. Un’operazione facile in un momento in cui le lezioni sono a portata d’orecchio di chiunque passi.Come è stato possibile che un’ora di italiano in DAD delle Aldrovandi Rubbiani si sia trasformata in un avviso all’Ufficio scolastico, in diversi articoli e oggi in un’interpellanza parlamentare? Semplice: in questo periodo in cui la didattica si sviluppa su piattaforme digitali, microfoni e videocamere è molto facile prestare orecchio a quello che si svolge nelle ore di lezione, anche se lo spazio della classe dovrebbe restare, anche in modalità digitale, un luogo sicuro non solo per chi insegna, ma soprattutto per le e gli studenti. L’aula non è un qualcosa che rinchiude, anzi: lo stare a scuola permette a ragazze e ragazzi di trovare uno spazio di confronto, di discussione e quindi di crescita reso sicuro dalla presenza di insegnanti. Quest’area di libertà viene loro garantita oggi? La serenità di parlare e di esprimersi liberamente è messa a rischio dal fatto che ci potrebbe essere qualcuno di non identificato all’ascolto. In maniera chiara lo sottolineano le colleghe e i colleghi della nostra compagna«E’ anche per questo che lo spazio della classe e della scuola può essere liberatorio, perché eccede i confini della famiglia, dei suoi valori e delle sue prescrizioni, permettendo a ragazze e ragazzi di incontrare il mondo esterno nella sua complessità e di formarsi una propria autonoma identità sociale. Questo spazio deve essere preservato a tutti i costi nella sua autonomia e protetto da intrusioni esterne dei genitori».

Sorgente: Cobas Scuola Bologna: ‘Libertà di insegnamento e censura ai tempi della DAD’ | ScuolaInforma

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