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Indubbiamente l’olocausto di ebrei poveri e di piccola-media borghesia, di zingari, di comunisti, di disabili, di malati di mente, operato dal nazismo, è cosa che ancora oggi fa rabbrividire. E da qui, sia per la ferocia esercitata sia per il numero elevato di vittime, bisogna partire da qui. Gli orrori di Auschwitz, liberata dall’armata rossa, sono stati tali che hanno costretto le menti più sensibili sul piano filosofico a farsi delle domande sulla natura umana. Anche agli incolti è rimbalzato con fragore il detto di Plauto “Lupus est homo homini, non homo” ripreso da T. Hobbes “homo homini lupus”. A dimostrazione che i genocidi abitano il pianeta da millenni, e non meno feroci. Ma soffermiamoci sulla “giornata della memoria”, almeno sui nostri tempi, dopo i tanti ipocriti appelli che mai sarebbe potuto accadere più niente di così orribile, ricordando altri terrificanti massacri, spendendo energia nella riflessione critica, nella ricerca delle cause che li hanno determinati, evitando le scorciatoie di liberatorie concettuali che aspirano ad una sommatoria ideologica che tutto spiegano e nulla chiariscono.
Andrebbero poste all’ordine del giorno le atomiche che hanno colpito Hiroshima e Nagasaki, giustificate come necessarie militarmente, ed invece inutili, perché il Giappone, accerchiato anche dall’Unione sovietica, era ormai sconfitto. Bombe volute da Truman, nonostante il parere contrario dei servizi segreti, per intimorire il suo prossimo rivale: Stalin. Una dimostrazione di potenza che costituisce, senza ombra di dubbio, un crimine di guerra. Non credo che con Roosevelt avremmo assistito a tanta empietà. La giornata della memoria potrebbe costituire un’ottima occasione per discutere criticamente di quest’altra terribile tragedia che aveva, tra l’altro, lo scopo di umiliare, di terrorizzare, di asservire per lungo tempo gli antichi nemici alla dittatura statunitense.
E come non ricordare le stragi italiane in Libia e in Etiopia, il genocidio armeno e quello cambogiano, le manovre francesi responsabili in gran parte dell’eccidio in Ruanda, le massicce operazioni dell’esercito transalpino in Algeria e nell’Africa sub-sahariana e soprattutto lo sterminio di massa (sul piano numerico superiore all’Olocausto nazista) della popolazione congolese…Ma sono proprio dei nostri giorni gli annientamenti di popoli in Iraq, in Siria, in Yemen, in Afghanistan, in Amazzonia, in Palestina…
Del resto, gli incendiari possono inventarsi degli incendi, con sofisticate tecniche da laboratorio in stile Hollywood e attribuirli agli avversari, una pratica che affonda le sue radici nei millenni.
Giorgio Agamben, filosofo di grande prestigio, aveva saputo smascherare la messinscena del genocidio di Timisoara del 1989 ricostruito come un set cinematografico con cadaveri dissepolti o strappati dai tavoli degli obitori e poi orribilmente sfregiati, ed aveva chiamato questa cinica operazione, questa nefasta regia manipolatoria, l’Auschwitz dello spettacolo, un prodigio della tecnica, ben sfruttata dai jihadisti in Siria, per argomentare i massacri presunti dell’esercito siriano e ricevere consensi dai compiacenti media dell’imperialismo.
Domenico Losurdo, del resto, in più occasioni aveva giustamente sottolineato che l’empio teatro di Timisoara aveva creato le fondamenta di quello spazio ideologico che avrebbe generato le falsificazioni successive. Falsificazioni necessarie per consolidare presso i ceti conservatori il mito delle nefandezze dei personaggi e degli stati che si opponevano e che si oppongono all’Imperialismo mondialista…ma soprattutto per conquistare la mente dei progressisti, dei pacifisti, dei democratici, delle sinistre più ingenue.
Quando si celebra la “giornata della memoria”, occasione propizia per i mestatori di inganni e di bugie per propagandare democrazia e libertà, sia che siano illustri rappresentanti dell’Olimpo europeista o siano strenui difensori dello stato ebraico, passa sempre, sotto narcosi, l’esame critico della realtà dei nudi fatti.
Anche sull’Olocausto, noi assistiamo ad una narrazione falsata. Non un genocidio di ebrei di tutte le classi sociali, ma un genocidio di ebrei poveri e di piccola-media borghesia, di ebrei privi di grande potere economico e politico. Perché la grande finanza ebraica, i grandi industriali ebrei non solo erano esclusi dall’olocausto ma se ne avvantaggiavano, potendo sfruttare il lavoro schiavistico nei campi di concentramento. Così come erano esclusi dai pogrom, dalle aggressioni quotidiane. Tra di loro, non ci sarebbe mai potuta essere una Anna Frank. La persecuzione, dopo la presa del potere assoluto di Hitler, avvenne con la collaborazione degli ebrei di cultura sionista che in base alla Dichiarazione Balfour, avevano già in programma la nascita di uno stato ebraico (“in una terra senza popolo”) e di un genocidio in terra di Palestina, questa volta, costruito in prima persona.
E’ paradossale (ma non è la prima volta nella storia) che i discendenti di quel popolo oppresso abbiano vestito i panni degli antichi aguzzini distruggendo non solo la vita di coloro che abitavano da secoli la Palestina, ma anche la loro memoria…memoria di riti, di comunanza, di musica, di poesia, di villaggi, di città, di persone care disperse e scomparse sotto le atrocità del Sionismo, apparentato al nazismo anche durante l’Olocausto.
Perché si tratta non di Ebrei, ma di Israeliani, o, per meglio precisare, di Sionisti, il volto più autentico del nazismo dei nostri tempi. Sionisti, la cui aspirazione suprema sarebbe lo sterminio del popolo della Palestina, una “soluzione finale” caldeggiata da non pochi dei personaggi illustri di Israele. E, con la “soluzione finale”, l’occupazione di tutta la Palestina e un viatico pe r il “Grande Israele”.
I “pogrom” contro i Palestinesi sono all’ordine del giorno.
Non solo soldati che entrano a qualsiasi ora del giorno nelle case per “punire” chi è Palestinese di essere Palestinese. Ma anche coloni che distruggono ulivi, che picchiano e che uccidono arbitrariamente.
Del resto, cosa aspettare, da un governo che ha saputo usare bombe al fosforo, per non essere da meno dei loro amici yankees in Iraq, che spara pallottole che polverizzano le ossa, che inonda di pesticidi i campi agricoli, che colpisce gli ospedali perché i feriti non abbiano la possibilità di guarire e di sopravvivere, che lascia morire in carcere chi ha bisogno di cure particolari, che impedisce aiuti umanitari a Gaza, che indirizza i fondi non per la popolazione, ma solo per la polizia dall’Autorità Nazionale Palestinese, di fatto complice della politica israeliana…
Lo stato sionista può fare tutto ciò che vuole. L’impunità gli è concessa dalla “comunità Internazionale”, cioè da quella congrega di Paesi responsabili delle guerre di aggressione contro stati legittimi (Libia, Siria, Yemen…) e di efferati colpi di stato nell’Africa subsahariana, di addestramento e finanziamento di terroristi… di lager contro “terroristi” nei “democratici” Paesi dell’Europa…
Dunque un augurio ai combattenti del BDS, ai
Palestinesi che resistono, agli Ebrei e agli Israeliani antisionisti, ai “democratici veri” diffusi in tutto il pianeta che riusciranno, ma in tempi lunghi, lavorando, come la vecchia talpa di Marx, per far sprofondare il terreno occupato oggi dai professionisti del terrore e della morte e arrivare a costruire, anche in nome dello spaventoso eccidio di cui,nella seconda guerra mondiale, avevano sofferto gli Ebrei, si spera in tempi non troppo lunghi, una Palestina laica, democratica in cui possano convivivere diverse etnie, diverse culture, diverse religioni…

 

Sorgente: Una parola contro le guerre | Facebook

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