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ROMA — Amareggiato, deluso, molto silenzioso. Giuseppe Conte vive i suoi ultimissimi giorni a Palazzo Chigi con la sofferenza di chi si sentiva sorretto dalla fiducia degli italiani e ha subìto uno strappo «incomprensibile e ingiusto». Ai ministri che lo hanno chiamato, il premier dimissionario è apparso provato, ma niente affatto rassegnato e ha confidato le sue riflessioni: «Renzi ha rotto perché voleva andare a destra. Non ha mai creduto nella coalizione di centrosinistra e nel progetto politico con il Movimento e il Partito democratico. Se non fosse scoppiata la pandemia, avrebbe fatto cadere il governo un anno fa».

Adesso il professore pugliese deve scegliere, si trova a un bivio da cui dipendono il suo futuro politico, il tentativo del presidente incaricato Mario Draghi e il destino di quel che resta dell’alleanza giallorossa. I vertici del Pd, determinati a salvare la prospettiva politica e dunque la speranza di battere alle prossime elezioni la destra sovranista, lo implorano di mettersi alla guida del treno che dovrebbe portare i 5 Stelle sul sostegno a Draghi. Gli chiedono di lottare per salvare il progetto unitario,si appellano al suo «fiuto politico» perché comprenda che solo spianando la strada al governo Draghi, potrà rafforzare il suo profilo di federatore e correre un giorno da premier dell’alleanza M5S-Pd-Leu. Ma il presidente in uscita, che si sente «silurato» da Matteo Renzi proprio per far posto a Palazzo Chigi all’ex presidente della Bce, per ora è immobile sulla casella del no. «Sono a disposizione e se mi sarà richiesto darò una mano, ma non si può pensare che sia io a condurre la mediazione per Draghi», ha gelato gli alleati Conte.

Sorgente: Conte e la tentazione del gran rifiuto a Draghi per il ruolo di vicepremier o ministro degli Esteri- Corriere.it

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