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Secondo Politico, Donald Trump è il rappresentante dei peggio boomer, litigiosi, inconcludenti ed egolatrici. Intanto la First Lady è già a metà trasloco a sua insaputa e i finanziatori dei rappresentanti repubblicani cominciano a rivedere le loro policy di spesa

Trump, presidente della Worst Generation
«Questi baby boomers, ora a fine carriera, sono validi contendenti per il titolo di Worst Generation. Come peggior presidente ci sono altri candidati. Ma non ce ne sono molti che abbiano litigato così tanto e chiarito cosi poco, o presieduto a così tanta decadenza istituzionale».

La cupezza e l’ansia degli ultimi giorni di Donald Trump vengono ogni tanto rischiarate da veri sprazzi di intelligenza, o almeno da buone idee per prendersela con qualcuno. Non solo con Trump. Con tutta la sua generazione di baby boomers, nati tra il 1946 e il 1964, vissuti – in occidente – meglio di chiunque altro nella storia umana.

Utilizzatori finali, si teme proprio finali, di risorse, persone, istituzioni. Ne parla John Harris, uno dei fondatori di Politico, in un commento uscito ieri. E scrive: «La generazione di Trump, che domina la vita pubblica anche dopo i settant’anni, viene dopo…la Greatest Generation (quella che ha fatto e/ho vissuto la seconda guerra mondiale, ndr)». Egolatrici e litigiosi, i peggio boomer «polemizzano sulle guerre ideologiche, sulle guerre culturali, sulla identity politics, su chi sia la vera vittima, su chi sia divisivo, su chi sia il più grosso ipocrita e la più seria minaccia alla decenza». Ne discutono da mezzo secolo, e secondo Harris non vogliono neanche vincere, vogliono prolungare il dibattito all’infinito.

Gli stessi peggio boomer, continua Harris, «hanno inventato il disprezzo commercializzato» e hanno creato «un sistema politico-mediatico che trae profitto dalla cattiveria, dalla divisione, dall’indignazione. A fini contabili, non importa se queste siano reali o simulate». Harris conclude notando che anche andato via il settantaquattrenne Trump, le persone più importanti di Washington saranno Joe Biden (78 anni), Nancy Pelosi (80), Mitch McConnell (78), e la promessa Chuck Schumer (70). Ma la questione, si sa, è più ampia.

Trump fa i bagagli a sua insaputa
Come nella miniserie sui Trump che mezzo pianeta sta già immaginando, mentre Donald twittava sui brogli e arringava assaltatori, Melania faceva i bagagli con discrezione. Anzi: «La first lady è già a metà trasloco», si legge sui media. Parte delle casse vanno a Mar-a-Lago, parte in magazzino. Lo staff della Casa Bianca è stato coinvolto nell’operazione semiclandestina, facendo piano per non farsi notare da Trump, che pare fosse davvero convinto di riuscire a restare.

Melania in zona grigia
Mentre Melania, dicono, non era convinta di non andare all’inaugurazione di Joe Biden, lo ha saputo da un tweet del marito, ha detto una fonte alla Casa Bianca della Cnn. La stessa fonte ha fatto presente che la cafonaggine coniugale di Trump non dovrebbe suscitare troppa compassione: «Lei è parte di tutto questo. Può stare zitta, ma è parte di questo».

Nel questo ci sono le  azioni passate e soprattutto le recenti attività golpidiote. E la first lady uscente viene raccontata in una zona grigia, in cui non vede quasi nessuno, non parla, e non prende posizione né a favore né contro il marito. Il disinteresse (le giornate da guerra civile passate a fare album sugli arredi della Casa Bianca, il comunicato copiaincollato sull’assalto al Campidoglio) ha provocato dimissioni tra i collaboratori e scarso successo di pubblico.

Melania non ha creato un ufficio per continuare le sue attività – pochissime – e non si è fatta viva con Jill Biden, come usa tra la prima dama uscente e quella entrante. Secondo Kate Andersen Brower, storica delle first ladies (è un mestiere anche quello, e ti intervistano spesso), «ha assorbito la rabbia del marito».

Unica concessione alle buone maniere e al protocollo, l’ufficio della first lady ha mandato ai Biden un invito a dormire a Blair House, la foresteria della Casa Bianca, prima dell’inaugurazione; ma «l’invito non è stato mandato su insistenza della signora Trump» (i Biden vanno in albergo).

I golpidioti e i loro facilitatori
Per chi si chiedesse «ma come è successo che negli Stati Uniti abbiano eletto tanti fascisti e baluba», potrebbe essere interessante leggere Bankrolling the Disenfranchisers, un rapporto del gruppo progressista Public Citizen sui loro finanziatori. Corporations e lobby hanno contribuito con 170 milioni complessivi alle campagne dei 147 parlamentari repubblicani che hanno votato contro la certificazione dei risultati elettorali. Tra i più generosi ci sono AT & T, l’American Bankers Association, la National Automobile Dealers Association, la National Association of Realtors, la National Beer Wholesalers Association, e si potrebbero fare battute.

Alcuni, come AT & T, hanno tagliato i fondi. Altri «stanno valutando la loro strategia nei contributi», altri ancora organizzano «incontri con gli stakeholder nelle prossime settimane per rivedere le attività politiche». Tra i beneficiari, i più attaccati sono i senatori Ted Cruz e Josh Hawley (quello con braccio alzato e pugnetto a salutare i rivoltosi). Molti chiedono le loro dimissioni, che non arriveranno (loro e altri sono in un video del Daily Show; si intitola Heroes of Insurrection, e monta sound bites di Fox News, ed è agghiacciante).

Trappola per un MAGA
«Forza ragazze. Si va a caccia!, ha twittato ieri Lisa Corrigan, e l’hanno linkata in 350mila e ritwittata in 60 mila. Corrigan, docente universitaria nell’Arkansas, condivideva il post di una ragazza che lanciava una nuova leggenda metropolitana e una potenziale Volante rossa delle antitrumpiane.

Insomma, la ragazza raccontava che una sua amica ha cambiato il suo orientamento politico in “conservatore” sui siti di incontri. Ha avuto molti incontri online con alcuni “MAGA Bros”, giovanotti trumpiani, che si sono vantati con lei delle prodezze in Campidoglio mandando delle foto. E lei ha mandato le foto all’FBI. La storia è forse falsa ma straverosimile. E il golpidiotismo su Tinder potrebbe dare ancora da pensare (il critico d’arte Jerry Saltz ha invocato per la ragazza la Presidential Medal of Freedom; in tweet successivi, Corrigan dice cose sensate: per deprogrammare il trumpismo, bisogna far sentire gli americani parte di qualcosa, «qualcosa di non fascista»; perché «il declino dell’associazionismo civico è stato rimpiazzato da Fox News»; invece, finora, «mentre i MAGA parlavano di libertà, i liberals cuocevano il pane e facevano puzzle», quello un po’ ovunque).

Sorgente: Melania sta preparando il trasloco, all’insaputa di Golpidiota in Chief – Linkiesta.it

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