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Un rapporto di Defence for Children International denuncia le condizioni in cui i minori palestinesi arrestati da Israele sono tenuti in detenzione e sotto interrogatorio. Ieri i funerali di Ali Abu Aliya, il 14enne ucciso venerdì dall’esercito israeliano

 

di Michele Giorgio dl Manifesto

Gerusalemme, 7 dicembre 2020, Nena News – Un compleanno si è trasformato in un funerale. «Ali è sceso in strada con me. I soldati israeliani sparavano con i fucili e lanciavano lacrimogeni ma noi due pensavamo alla torta di compleanno che stava preparando sua madre. Poi Ali è crollato a terra tenendosi l’addome e ha perso conoscenza». Muhammad Abu Aliya, 16 anni, raccontava ieri ai giornalisti gli ultimi istanti di vita di suo cugino e amico Ali Abu Aliya. Ucciso nel giorno del 14esimo compleanno da un proiettile sparato dai soldati che gli ha spappolato l’intestino. «Non ha avuto scampo, l’emorragia interna è stata devastante», spiegano i medici dell’ospedale di Ramallah che hanno tentato senza successo di rianimare il ragazzo. Proiettile che l’esercito israeliano smentisce di aver sparato contro i manifestanti del villaggio palestinese di Al Maghayer, ad est di Ramallah, che da tempo si battono contro un avamposto coloniale ebraico.

Il portavoce militare afferma che i dimostranti sono stati dispersi con lacrimogeni, proiettili rivestiti di gomma e usando fucili Ruger che non sarebbero letali per il piccolo calibro. Certo non sparano confetti, soprattutto se esplosi da distanza ravvicinata. Dal 2015, spiega l’ong per i diritti umani B’Tselem, i fucili Ruger hanno ucciso almeno sette dimostranti. In ogni caso i palestinesi smentiscono seccamente la versione israeliana secondo la quale i soldati avrebbero risposto a un intenso lancio di pietre. I militari, denunciano gli abitanti del villaggio, hanno fatto fuoco subito ad altezza d’uomo e lanciato dozzine di candelotti lacrimogeni.

Ad Al Maghayer ieri, incuranti della seconda ondata coronavirus che sta mietendo tante vittime in Cisgiordania, erano in centinaia a seguire la salma di Ali, avvolta nella bandiera nazionale, ricoperta di fiori, portata in spalla da amici e familiari. Di lato, a distanza, assieme ad altre donne, c’era la madre Rawan, sciolta in un pianto infinito. «Ali amava il calcio, a casa trovi ovunque palloni e magliette dei club internazionali. Sognava di diventare un campione», ha raccontato Ayman, il padre del ragazzo. Due anni fa Ali era già stato ferito, in modo lieve, da un proiettile rivestito di gomma durante gli scontri con l’esercito seguiti all’uccisione di un altro ragazzino del villaggio, Laith Abu Ali.

Dolore ma anche rabbia. Parla di «crimine di guerra» l’Autorità nazionale di Abu Mazen. Il portavoce del movimento Fatah, Osama al-Qawasmi, ha esortato i palestinesi a rispondere a queste uccisioni rafforzando l’unità nazionale. Stessa l’esortazione del movimento islamico Hamas che chiede «il ritorno al consenso nazionale per resistere all’occupazione». Ed è scesa in campo anche l’Unione europea che attraverso il suo rappresentante locale ha chiesto un’indagine sull’incidente. «I bambini godono di una protezione speciale ai sensi del diritto internazionale» – sottolinea la delegazione dell’Ue -«Quanti altri bambini palestinesi saranno soggetti a un uso eccessivo della forza letale da parte delle forze di sicurezza israeliane? Questo incidente scioccante deve essere rapidamente indagato subito».

[…continua su Nena-News]

Sorgente: Isolati, soli e umiliati. I minori palestinesi interrogati nelle carceri israeliane

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