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di Rosaria Amato

Il 54° Rapporto Annuale sulla situazione del Paese. La pandemia scava un abisso tra chi può contare su un lavoro stabile e chi non può contare su nulla. Quasi mezzo milione in più di disoccupati tra giovani e donne solo nel terzo trimestre di quest’anno, i conti correnti che crescono come mai prima d’ora mentre i tre quarti dei lavoratori autonomi sperimentano una caduta del reddito, e la metà dei giovani vive in una condizione peggiore rispetto a quella dei genitori

ROMA – E’ il lavoro lo spartiacque tra chi durante la pandemia ha potuto risparmiare e passare le vacanze al sicuro nella seconda casa e chi è letteralmente “scomparso”, cinque milioni “di persone che ruotavano intorno ai servizi e che hanno finito per inabissarsi senza rumore”.

In un’Italia che “è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica”, osserva il Censis in apertura del Rapporto Annuale, il Covid-19 ha dimostrato che “il grado di protezione del lavoro e dei redditi è la chiave per la salvezza”: a pensarlo è l’85,8% degli italiani. La pioggia dei sussidi, 26 miliardi di euro erogati a una platea di oltre 14 milioni di beneficiari, non è riuscita neanche lontanamente a rimettere in pareggio una situazione disastrosa che, solo nel terzo trimestre di quest’anno, ha portato via il lavoro a quasi mezzo milione di giovani e di donne, le categorie più fragili del mercato del lavoro, e che si è abbattuta con violenza sui redditi degli autonomi: meno di un quarto ha mantenuto le stesse entrate di prima.

E’ la società “sfibrata dallo spettro del declassamento sociale, in cui il 50,3% dei giovani vive in una condizione socio-economica peggiore di quella vissuta dai genitori alla loro età”. Una società che anche prima si presentava divisa, ma adesso è decisamente spaccata. Una situazione che accentua l’insicurezza: pochissimi sono disposti a rischiare, solo il 13% degli intervistati si dice pronto ad aprire un’impresa.

I bonus sono bene accolti, sopratuttto dai giovani (83,9%). Anche il 65,7% degli anziani li valuta positivamente, ma per il 25,1% si tratta un meccanismo che può generare dipendenza, mentre per il 18,1% rischia di mandare fuori controllo il debito pubblico. Ma solo il 17,6% dei titolari di impresa ritiene che le misure di sostegno saranno sufficienti a contrastare le conseguenze economiche dell’emergenza.

Chi può contare sul proprio gruzzoletto lo tiene al sicuro: rispetto al dicembre 2019, nel giugno 2020 la liquidità (monete, biglietti e depositi a vista) nel portafoglio finanziario degli italiani ha registrato un incremento di ben 41,6 miliardi di euro (+3,9% in termini reali). Non era mai successo prima: nel 2016, l’anno in cui si raggiunse il picco più alto, la liquidità in più si fermò a 25 miliardi. Nel complesso il portafoglio finanziario degli italiani ha superato i 4.400 miliardi.

Crollano le risorse riversate in azioni (-63,1 miliardi di euro nello stesso periodo, -6,8%), obbligazioni (-11,2 miliardi, -4,6%), quote di fondi comuni (-23,1 miliardi, -5%). I garantiti (chi ha un contratto a tempo determinato, o i pensionati) possono persino permettersi di soggiornare in estate nelle seconde case: ne dispone un italiano su 4 ma 17,6% tra nuclei di livello medio basso contro il 40,6% di quelli di livello medio alto.

Moltissimi dei non garantiti sono scivolati nella povertà. Difficile stabilire quanti poveri in più ci siano in Italia. Il Censis però mette in evidenza due cifre: da marzo a settembre ci sono 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono un sussidio di cittadinanza, in crescita del 22,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre quasi 700 mila sono i beneficiari del reddito di emergenza. Moltissimi poi sono in difficoltà anche se non sono ufficialmente “poveri”: vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, contro un più contenuto 28,6% dei lavoratori presso le grandi aziende.

Eppure anche chi è garantito ha paura, ed è disposto a rinunciare a molto pur di non trovarsi all’improvviso in una situazione di bisogno. Il sondaggio del Censis registra che 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto e nell’ansia conseguente il sentimento prevalente. Di conseguenza, il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, il 38,5% è pronto a rinunciare persino ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni.

E di fatto, anche i “garantiti” sono più deboli: in attesa di rinnovo del contratto collettivo di lavoro 13,2 milioni di lavoratori, l’83,6% di quelli finora coperti dalla contrattazione nazionale. “Questa percentuale può essere presa come una misura del rischio di delegittimazione al quale si espone la rappresentanza dei lavoratori, ma che non risparmia anche le organizzazioni datoriali più rappresentative”, sottolinea il Censis.

La disparità si estende anche alla sanità e alla scuola. Anzi, sono questi i due settori chiave della vita degli italiani dove sono emerse più drammaticamente. I posti letto di terapia intensiva erano passati dagli 8,7 per 100.000 abitanti della fase precedente al Covid-19, figlia di anni di tagli alla sanità, a 15,3. Ma ci sono distanze enormi tra Regioni come Lombardia e Veneto e la Calabria.

Anche la scuola ha mostrato fortissime carenze localizzate in alcune aree: in difficoltà intanto gli oltre 800.000 studenti figli di stranieri, prime generazioni in Italia, i 268.671  alunni con disabilità e i circa 276.000 con disturbi specifici dell’apprendimento. Al di là delle scuole che non hanno avviato la didattica a distanza, c’è un tasso elevato di dispersione da Dad: nel 18% degli istituti mancava all’appello, su base regolare, circa il 10% degli studenti.

A reggere sono state le Reti, a cominciare da quella che ha permesso di continuare a lavorare e studiare a moltissime persone, Internet: l’87% dei cittadini ha dichiarato di avere utilizzato nell’emergenza la connessione fissa a casa e che è stata sufficiente. Meno del 10% ha lamentato una mancanza di banda adeguata. Gli upgrade a connessioni migliori sono stati limitati (7,4%). In oltre la metà dei casi è stata utilizzata anche la connessione dati del telefono cellulare. Più del 70% dei cittadini ha dichiarato di possedere le competenze di base necessarie per svolgere tutte le attività online. Ma un terzo degli anziani si è autoescluso, e anche i giovani a un certo punto sono andati in sofferenza, stanchi di avere solo contatti online con i propri coetanei.

Sorgente: Censis, rapporto 2020: con il Covid l’Italia avanza a fatica – la Repubblica

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Un commento su “Censis, rapporto 2020: con il Covid l’Italia avanza a fatica – la Repubblica

  1. Non c’è Pandemia che tenga!
    L’Italia, forse non è mai esistita; ma oggi possiamo, con sempre più certezza, asserire che essa, non essendo per nulla “fondata sul lavoro”, ha tradito la Carta Costituzionale, su cui si regge la Repubblica Italia; e, per tale ragione, non può assolutamente giustificare che sia possibile che vi sia anche un solo cittadino italiano che non abbia un lavoro sicuro.
    Che lo Stato provveda a che l’Italia sia, nei fatti e non solo sulla “Carta”, fondata sul lavoro!
    Diversamente, dovrebbe dichiarare fallimento!
    C’è differenza tra fondamenta e Fondamenti? Certamente sì! Ma se le fondamenta di un palazzo permettono al palazzo stesso la sua stabilità, così i Fondamenti del nostro Stato devono essere rispettati per assicurare, attraverso il lavoro, vita dignitosa a tutti i cittadini della Repubblica!
    1. Che tutti i Cittadini italiani siano costretti a pagare le tasse dovute;
    2. Che tutti i Cittadini siano Cittadini, e non meri “esistenti” divisi in Padroni e Sudditi;
    2.1. Per eliminare tali vergognose disparità, è necessario, anzitutto, che i Politici non varino giammai Leggi che favoriscano soltanto se stessi!
    2.2. … è necessario che un Cittadino-Padrone non possa mai trasferire i suoi averi in Paradisi Fiscali, né trasferire proprie attività produttive in altri Paesi per non pagare le tasse in Italia e per sfruttare in altri Paesi i nuovi assunti con stipendi di fame, dopo aver licenziato, in Italia, i Cittadini-Lavoratori! Doppio danno a favore soltanto del PADRONE!
    2.3. Aggiungete, voi stessi come potrà essere possibile che PADRONI E SUDDITI POSSANO, NEL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE, ESSERE PER LA PRIMA VOLTA oppure TORNARE AD ESSERE TUTTI CITTADINI UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE!