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Fatima: “Buongiorno, sono Fatima, ho letto il vostro annuncio al quale sono interessata. È ancora disponibile? Grazie”.

Risposta: “Il suo nome mi dice che lei è araba quindi niente da fare”.

Fatima ha 25 anni, è nata in Marocco e vive in Italia da quando era bambina.
Da due anni aspetta il permesso di soggiorno e, nel frattempo, sta cercando un lavoro.
Pensava di averne trovato uno quando ha risposto all’annuncio per un posto da colf ma, sfortunatamente, quell’annuncio si è trasformato nell’ennesimo, incivile, illecito episodio razziale.

Il fatto colpisce per la sua brutalità e sta avendo molto clamore.
Ne parla quasi tutta la stampa italiana.

Ciò che più mi colpisce, però, è che la stampa, inconsapevolmente, stia riportando le frasi di Fatima facendola apparire, quasi, come quella che deve in qualche modo giustificarsi: “Io qui in Italia ho fatto medie e superiori, mi sento più italiana che marocchina. Penso e sogno in italiano, non in arabo. Italia ho frequentato le scuole medie e superiori”.

No cara Fatima, non sei Tu a doverti giustificare.
Non sei Tu a dovere provare che avevi i “requisiti” per aspirare al posto da colf.
Non sei Tu a dovere dare la prova della legittimità della Tua aspettativa.
Non Tu.

Siamo noi che, prima di batterci i pugni sul petto e gridare allo scalandolo, dovremmo chiederci quanti italiani avrebbero agito diversamente dall’autore di quell’annuncio.
Noi che dovremmo prendere coscienza del fatto che in Italia il razzismo è molto più presente e ramificato di quanto si possa immaginare.
Noi che dovremmo riconoscere che esiste un problema culturale, una questione morale dell’uguaglianza.
Noi che dovremmo rivedere la mappa del nostro agire politico e tracciare una nuova rotta che vada nel senso della “fratellanza globale” indicata nell’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco.
Noi che, mentre stigmatizziamo la risposta che Ti è stata data, dovremmo trovare l’onestà intellettuale per riconoscere che esiste una responsabilità oggettiva della politica per l’accaduto.
Noi che, intanto, dovremmo avere l’umiltà di chiederti scusa.

Cosa che, cara Fatima, per primo io sento il dovere di fare: scusaci ancora.

Carmelo Miceli

Sorgente: Facebook

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