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Il verdetto dell’ideologo conservatore, artefice della vittoria di George W. Bush, frena le battaglie legali del presidente con l’assenso del genero Jared Kushner: «Chiudere la stagione del voto è un passo duro ma necessario»

di Massimo Gaggi

Gli avvocati della Casa Bianca hanno chiesto ai tribunali della Pennsylvania, del Michigan e dell’Arizona di bloccare il processo di certificazione dei voti in attesa di verificare se le denunce di frode presentate dalla campagna di Trump hanno fondamento. Ma finora non sono emerse prove significative di irregolarità, al di là di pochi casi isolati: il tentativo, quindi, è soprattutto quello di impedire che il risultato del voto popolare negli Stati persi da Trump venga ufficializzato entro i termini di legge, una mossa dalle conseguenze potenzialmente gravi, destabilizzanti.

Fin qui i repubblicani hanno spalleggiato il presidente con poche eccezioni, ma ora il prolungato blocco del processo di transizione democratica verso la nuova presidenza, la scarsa consistenza degli argomenti legali della Casa Bianca e i rischi istituzionali che stanno emergendo inducono anche big del partito a correggere la rotta. Lindsay Graham, John Thune e Charles Grassley, tre dei senatori conservatori più influenti, ieri hanno dichiarato che Biden dovrebbe poter aver accesso ai briefing «classificati» dei servizi segreti che vengono consegnati a Trump: un modo per dire che la Casa Bianca dovrebbe smettere di fare ostruzionismo e consentire al «presidente eletto» di avere accesso ai meccanismi della transizione.

Un peso importante, in casa repubblicana, lo ha avuto Karl Rove che ha illustrato sul Wall Street Journal la matematica stringente che lo porta a concludere che «il risultato delle presidenziali non sarà capovolto». Rove, stratega delle vittorie elettorali di George Bush, è un conservatore vicino alla Casa Bianca (è intimo di Jared Kushner, il marito di Ivanka Trump) ma è anche un pragmatico che tiene da parte l’ideologia nelle sue lucide analisi ed è molto influente anche come commentatore della Fox, la rete tv della destra. Il suo ragionamento è semplice e chiaro: capovolgere i risultati delle urne è impresa titanica.

In America nell’ultimo mezzo secolo è successo solo tre volte in competizioni elettorali in New Hampshire, nello Stato di Washington e in Minnesota. Allora le differenze dello scrutinio, cioè i suffragi da cambiare di segno per invertire l’esito, furono minime: rispettivamente 355, 261 e 215 voti. Stavolta per vincere Trump dovrebbe essere in grado di scoprire, in pochi giorni, decine di migliaia di voti fasulli: Biden, infatti, è avanti, rispetto a Trump, di quasi 50 mila voti in Pennsylvania, di 36 mila in Nevada, di 20 mila in Wisconsin, di 14 mila in Georgia, di 11 mila in Arizona e addirittura di 146 mila in Michigan.

Secondo Rove «è improbabile che gli sforzi di Trump di dimostrare frodi sistematiche gli consentano di far passare anche uno solo degli Stati contesi dalla colonna di Biden alla sua. Certamente non ne sposterà abbastanza da capovolgere l’esito delle elezioni». Conclusione: per Trump «chiudere la stagione del voto è un passo duro ma necessario per riportare un po’ di unità e di equilibrio politico».

Chi lo conosce sostiene che Rove non avrebbe pubblicato un articolo simile senza il consenso di Kushner. Del resto, dicono fonti anonime della Casa Bianca, anche Trump sarebbe consapevole che la battaglia legale è persa, ma avrebbe detto che va portata avanti come teatro, per mantenere il suo elettorato in stato di mobilitazione in vista di una sua eventuale ricandidatura.

Sorgente: «Trump non ha i numeri»: i conti di Karl Rove frenano il riconteggio

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