Le intercettazioni ambientali nell’ospizio lager di Bazzano “Nino e Aurelia”
di Giuseppe Baldessarro
BOLOGNA. «Ti metto il rubinetto in bocca poi lo apro e mi dici basta quando sei piena. Ma che c… dici acqua, acqua, acqua? Sei matta? Fai la brava o ti sparo». La vecchina chiedeva solo da bere quando la dipendente della casa famiglia, invece di prendersi cura di lei, la minacciava. «Ne hai già bevuti due di bicchieri d’acqua, non te ne do più altrimenti ti pisci sotto», le urlava in faccia. La signora Alma, 92 anni, voleva altra acqua perché stava male: tanto che è stato necessario l’intervento del 118 e il ricovero in ospedale. Il giorno dopo è morta.
Le intercettazioni dei carabinieri del Nas, grazie alle quali ieri mattina sono state arrestate 4 persone (tutte ai domiciliari), sono il cuore di un’indagine della Procura di Bologna denominata “Inferno”. Perché questo era per gli anziani la casa famiglia “Nino e Aurelia” di Bazzano, diretta da Aurelia Dragomir, 56 anni, con l’aiuto delle sorelle Antonella, Luana e Natascia Marchese di 63, 59 e 45 anni.
Un girone dantesco poi chiuso (per sfuggire alle indagini), ma per il quale le quattro donne ora devono rispondere di maltrattamento, omissione di soccorso e un’altra mezza dozzina di capi d’imputazione. Le cimici hanno registrato insulti e minacce: «Chi non mangia oggi va a finire al fiume» , «cretina» , «fai schifo» , «t’ammazzo» , «tanto muori e i tuoi parenti non li vedi più» . Quando un’anziana chiede di andare in bagno l’assistente le risponde: «Vacci da sola, striscia fino al cesso a gattoni».
Poi c’erano le botte. Le registrazioni hanno documentato diversi episodi con rumori di schiaffi e percosse e i commenti delle inservienti, della titolare e degli anziani terrorizzati.
L’indagine è scattata a gennaio, quando all’ospedale di Bazzano, proveniente dalla struttura, è arrivato un signore di 83 anni in condizioni critiche. L’uomo, morto il giorno successivo per cause naturali, aveva sul corpo diversi lividi, al punto che i sanitari hanno deciso di fare una segnalazione ai carabinieri. Da lì sono partiti gli accertamenti, proseguiti per alcuni mesi in due diverse strutture. La Dragomir, infatti, aveva deciso di chiudere la “casa” di Bazzano e in primavera si era trasferita armi e bagagli a Zocca.
Valsamoggia, i carabinieri nell’ospizio-lager
Qui, all’Hotel Regina di Montombraro, la direttrice aveva portato le sue vittime in attesa di sbrigare le pratiche per aprire una nuova struttura. Si era presentata alla reception, dicono gli investigatori, come se si trattasse di una gruppo di anziani accompagnati da alcune badanti. Fatto sta che dopo qualche settimana una donna ha denunciato ai carabinieri d’aver sentito urla e minacce provenienti dall’albergo. Quando i militari le hanno mostrano delle fotografie, la signora ha riconosciuto una delle collaboratrici.
A luglio è quindi partita una nuova fase dell’indagine, con contestazioni e il blocco totale dell’attività di Dragomir e delle sorelle Marchese. Arrivati al Regina i Carabinieri, l’Asl, e i vigili urbani col sindaco in testa, gli anziani stavolta sono stati spostati in strutture adeguate. Risolta l’emergenza, l’indagine è proseguita arrivando ieri agli arresti e alle contestazioni formali sostenute da una mole di prove.
L’inchiesta della pm Manuela Cavallo, secondo il Gip Francesca Zavaglia, dimostra «la sistematica e continuata modalità vessatoria, violenta, minacciosa e ingiuriosa con cui gli indagati si rapportavano ai 9 ospiti della struttura, provvedendo altresì a somministrare terapie in assenza di prescrizione medica e di propria iniziativa» , reato per cui c’è un quinto indagato. Sui tristi episodi sono piovute numerose parole di condanna, in testa dalla Regione, con l’assessore Raffaele Donini e la vicepresidente Elly Schlein. «Una vicenda gravissima, episodi tanto più ignobili perchè compiuti a danno di persone fragili e indifese».
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