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Il presidente di Forza Italia ai suoi spiega che non è infuriato per i transfughi, ma per la pregiudiziale sulla norma salva-Mediaset posta dal leader della Lega

di Tommaso Labate

«Ravetto, Zanella e il terzo che è andato con Salvini chi era? A, Carrara. Ecco, meglio così. Meglio perderli che trovarli». Alle 5 del pomeriggio in punto, dall’osservatorio personale di Silvio Berlusconi, è come se il centrodestra non esistesse più. Il Cavaliere è al telefono con i pontieri, le colombe che puntano a ricucire lo strappo improvviso che si è creato con la Lega, quelli che premono con i loro pari grado perché lui e Matteo Salvini si sentano per telefono e siglino un armistizio qualsiasi corredato di un comunicato stampa qualsiasi, purché con le loro due firme in calce. Ma non ne vuole sapere. «Con Salvini non ci voglio parlare, non lo voglio neanche sentire nominare».

L’ex premier ripete i nomi dei tre parlamentari che hanno saltato il fosso, uno di questi se l’è dimenticato o fa finta di esserselo dimenticato, quello del toscano Carrara; a nessuno dei tre riserva il solito trattamento riservato in passato a coloro che, magari perché scontenti della loro condizione dentro Forza Italia, minacciavano di andare via, e cioè quelle lusinghiere telefonate personali che più volte sono riuscite nel miracolo di tenere serrati i ranghi del partito.

 

L’obiettivo dell’arrabbiatura del Cavaliere è molto più in alto dei transfughi. E punta dritto al cuore del centrodestra. Lo capiscono di prima mattina tutti i berlusconiani che riescono a parlare con l’ex premier. Basta che nelle telefonate ci sia un accenno alla pregiudiziale di costituzionalità posta della Lega sulla norma salva-Mediaset, posta ufficialmente dal Carroccio dopo un mezzo blitz in commissione Trasporti a Montecitorio, e il numero uno di Forza Italia perde letteralmente le staffe. «Ma lo fanno perché pensano che voglia andare in maggioranza o perché non hanno capito la norma?», ripete a voce alta. Poi con i suoi interlocutori va dritto al cuore della questione, con il tono di voce che — se possibile — si alza ancora di più. Parla in terza persona del leader della Lega e poi cambia registro, come se ci fosse lui dall’altro capo del telefono. «In entrambi i casi non mi sta bene. Diamine, prima Salvini dice di non aver capito, poi ci parliamo, io ti chiarisco tutto, tu dici che adesso hai capito e che è tutto a posto… E poi che cosa fai? Presenti una pregiudiziale di costituzionalità che fa esplicito riferimento a Mediaset? Eh no, caro mio, così non mi sta bene».

Sono solo le prime ore del mattino, il film del giovedì più nero della storia recentissima del centrodestra non ha fatto ancora mostrato le scene più importanti. E cioè Salvini che in diretta alla radio accusa Forza Italia di «inciucio», che si lancia in un attacco frontale nei confronti dell’azzurro calabrese Tallini appena arrestato, che si esercita in un grande elogio di Nicola Gratteri. Tutte cose che nel perimetro dei forzisti vengono viste come una serie di affronti senza precedenti. Fino al colpo di scena finale, l’annuncio del passaggio del terzetto Ravetto-Zanella-Carrara alla Lega.
«Non ho fatto pressioni per portare nella Lega nessuno», è la versione di Salvini. «Semplicemente», è il senso del ragionamento svolto in presenza dei fedelissimi, «queste tre persone da tempo premevano per entrare nella Lega e adesso finalmente c’erano le condizioni perché lo facessero». Le «condizioni» evocate dall’ex ministro dell’Interno, ovviamente, rimandano all’atteggiamento responsabile di Berlusconi nei confronti del governo. E a quella ridda di voci sull’avvicinamento di Forza Italia al perimetro della maggioranza che Berlusconi, anche nell’ufficio di presidenza di mercoledì, aveva smentito. Un forzista di altissimo rango la mette così: «Se un filo di centrodestra esiste ancora, oggi, lo dobbiamo a san Di Maio. Con le sue dichiarazioni anti-berlusconiane ci ha salvato. Se avesse fatto un’apertura a Forza Italia, a quest’ora era finita…».

Tra i berlusconiani, il numero dei maggiorenti che festeggiano per la frattura con Salvini è decisamente superiore del numero di chi spinge per cercare la pace tra i due leader. Non sono previste fughe in avanti, il tema dell’ingresso nella maggioranza è fuori discussione, per ora. Come dice un berlusconiano di stretta osservanza, «per metterci a fare la stampella della maggioranza c’è bisogno che la maggioranza abbia bisogno di una stampella. E tra tutti i problemi, se c’è uno che non hanno è quello dei numeri. Al momento…». La strategia di Berlusconi, semmai, è di lungo periodo. E parte da considerazioni svolte in privato già la scorsa estate, quando ai suoi ripeteva che «l’importante sarà sedersi al tavolo quando ci sarà da votare il presidente della Repubblica e stare nella coalizione parlamentare che lo voterà». Un processo lungo, che la frattura con Salvini può soltanto accelerare.

Sorgente: L’ira di Berlusconi sui deputati passati alla Lega: «Con Salvini non ci voglio parlare, non lo voglio neanche sentire nominare»

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